Published On: Lun, Mag 25th, 2020

Come i droni possono monitorare i vulcani esplosivi

I vulcani attivi, a causa dell’elevato rischio di collasso o esplosione, racchiudono segreti non facilmente osservabili. Ora, i ricercatori del centro tedesco di Geoscienze di Potsdam, hanno presentato i risultati di una serie di voli effettuati sul vulcano Santa Maria in Guatemala, ottenuti attraverso telecamere ottiche e termiche installate sul drone.

Il Vesuvio. Credit: Renato Sansone – Geomagazine.it

Questa pratica riduce considerevolmente il rischio per i vulcanologi, poiché la strumentazione può essere trasportata in punti pericolosi restando a distanze di sicurezza. In effetti sono stati in grado di scattare foto ad alta risoluzione, e utilizzando uno speciale algoritmo informatico, di creare modelli topografici e termici in 3D con una risoluzione di pochi centimetri.

Più che inviare i droni nei pressi del vulcano, la sfida più grande risiede nella post-elaborazione e nel calcolo dei modelli. I modelli 3D dei vari voli devono essere posizionati esattamente in modo da poter essere confrontati. Ciò richiede un accurato lavoro di dettaglio, ma ne vale la pena perché anche i movimenti minimi diventano immediatamente visibili“, spiega Edgar Zorn, autore principale dello studio.

Confrontando i dati del drone, i ricercatori sono stati in grado di determinare la velocità del flusso, i modelli di movimento e la temperatura superficiale del vulcano. Parametri importanti per prevedere il pericolo offerto dai vulcani esplosivi.
Nello studio – che è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reportsabbiamo presentato alcune nuove possibilità per la rappresentazione e la misurazione di determinati movimenti del terreno, che potrebbero essere molto utili nei progetti futuri“, conclude lo scienziato.

Il Santa Maria è uno stratovulcano di 3772 metri di altezza, la cui ultima eruzione risale al 2010.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it