Published On: Gio, Ott 22nd, 2020

Il collutorio rende inattiva una forma del coronavirus?

Secondo quanto si legge in un documento pubblicato sul Journal of Medical Virology, alcuni prodotti comuni, tra cui il collutorio e uno shampoo per bambini diluito, potrebbero rendere inattiva una forma del coronavirus.

E’ bene sottolineare che tale prodotto non ha la capacità di sconfiggere un virus che ha causato oltre un milione di vittime sino ad ora nel mondo, ma potrebbe, condizionale d’obbligo per svariati motivi che vedremo, apportare dei benefici rispetto alla carica virale.

La ricerca, naturalmente, non è avvenuta con sperimentazione umana, ma in laboratorio, utilizzando cellule umane coltivate in soluzioni. Inoltre, vale la pena notare che gli scienziati di questo studio hanno utilizzato una forma di coronavirus chiamata HCoV‐229e, non SARS-CoV-2, che è il coronavirus specifico alla base della malattia respiratoria COVID-19. Poiché entrambi i virus sono geneticamente simili, i risultati dell’esperimento dovrebbero essere sostanzialmente gli stessi, ma è un altro motivo per non pensare che l’uso del collutorio nella vita reale conferisca benefici protettivi, in quanto ciò non è stato effettivamente dimostrato.

Tuttavia, mentre le autorità sanitarie si sforzano di sfatare le idee sbagliate popolari sulle presunte difese del coronavirus, gli scienziati hanno chiesto ulteriori ricerche per indagare su come prodotti come il collutorio potrebbero interagire e inattivare SARS-CoV-2, a causa della presenza di sostanze chimiche note per disturbare le membrane virali.
Un team della Penn State University ha esposto cellule epatiche umane in coltura con soluzioni miste contenenti HCoV-229e e collutorio, un prodotto per il risciacquo nasale e uno shampoo per bambini diluito all’1%.

I test hanno rivelato che tutti i prodotti erano efficaci nell’inattivare il virus, sebbene l’entità degli effetti variava tra i prodotti e dipendeva da quanto tempo i prodotti erano a contatto con il virus.

Con tempi di contatto di 1 e 2 minuti, la soluzione di shampoo per bambini all’1% è stata in grado di inattivare rispettivamente più del 99% e più del 99,9% o più del virus“, scrivono i ricercatori nel loro articolo.

Tra i risciacqui orali, molti dei prodotti testati hanno inattivato il 99,99% del virus dopo 30 secondi e quando i tempi di incubazione sono aumentati, i ricercatori non sono stati in grado di rilevare alcun virus infettivo rimanente nelle cellule.

I risultati supportano una precedente ricerca dalla Germania pubblicata a luglio, che ha anche suggerito che l’esposizione al collutorio potrebbe ridurre significativamente la carica virale del coronavirus. Vale anche la pena sottolineare che lo studio tedesco ha utilizzato SARS-CoV-2 negli esperimenti, altrimenti simili allo studio della Penn State.

Tuttavia, nessuno di questi studi può garantire che avremmo visto gli stessi risultati nei test con partecipanti umani, e c’è molto che non sappiamo su come prodotti come collutorio e risciacqui orali potrebbero funzionare in scenari del mondo reale.

Dato il tipo di risultati positivi che stiamo vedendo in esperimenti come questo – e considerando le poche difese che attualmente abbiamo contro il coronavirus, al di là di punti comuni come la distanza fisica, il lavaggio delle mani e l’uso di maschere – i ricercatori dicono che dovremmo guardare anche gli studi clinici per valutare se prodotti come il collutorio possono effettivamente ridurre la carica virale anche nei pazienti positivi al COVID-19 .

Sono necessari studi clinici per determinare se questi prodotti possono ridurre la quantità di pazienti positivi al virus“, afferma il microbiologo Craig Meyers, il primo autore dello studio.

Se l’uso di queste soluzioni potesse ridurre la trasmissione anche solo del 50%, avrebbe un impatto notevole“.

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- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it