Published On: Dom, Ott 25th, 2020

Alaska, lo scioglimento del ghiacciaio Barry

Il ritiro del ghiacciaio Barry nello stretto di Prince William, uno specchio di mare tra le impervie montagne che si affacciano sul golfo dell’Alaska, pone le basi per la possibilità che si verifichi un gigantesco tsunami.

La causa, secondo quanto si legge in una lettera aperta inviata dagli scienziati al Dipartimento delle risorse naturali dell’Alaska (ADNR), sarebbe da imputare alla comparsa di una frana in corso ed ormai instabile, che nei prossimi due decenni, potrebbe causare il distacco della parete rocciosa verso valle. Un immenso disastro lungo la costa meridionale, a circa 97 Km a sud-est di Anchorage, la capitale, dove vivono poco meno di 400.000 abitanti. Lo stretto specchio di mare rappresenta un’area remota, ma frequentata da imbarcazioni commerciali e da diporto, comprese navi da crociera.

I NUMERI – Secondo il geofisico Chunli Dai della Ohio State University, “all’inizio era difficile credere ai numeri“. “Abbiamo calcolato – spiega – che un crollo rilascerebbe 16 volte più detriti e 11 volte più energia della frana avvenuta nella baia di Lituya nel 1958. Numeri impensabili, dal momento che quell’evento, paragonato all’esplosione di un ordigno nucleare, causò l’onda di tsunami più elevata della storia moderna, raggiungendo un’altezza massima di 524 metri.

I FATTORI – Tra i fattori scatenanti c’è la pioggia intensa o prolungata, così come i terremoti e il clima sempre più caldo; quest’ultimo è responsabile infatti dello scioglimento del permafrost, della neve o del ghiaccio.
La parete rocciosa è ormai in lento movimento da mezzo secolo, accelerando in alcuni punti e rallentando in altri. Sebbene questi tipi di sottili variazioni siano ancora in fase di studio, la visione generale è che la velocità del ritiro del ghiacciaio aumenta la probabilità di cedimenti più drammatici del pendio.

Quando il clima cambia, il paesaggio richiede tempo per adattarsi“, ha detto al Guardian il coautore della lettera e il geologo Bretwood Higman dell’organizzazione no profit Ground Truth Alaska.

Se un ghiacciaio si ritira molto rapidamente, può cogliere di sorpresa i pendii circostanti: potrebbero cedere catastroficamente invece di adattarsi gradualmente“.

Il monitoraggio in corso da parte di numerose organizzazioni, tra cui ADNR, National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) e US Geological Survey (USGS), tiene sotto controllo gli sviluppi a Prince William, per tracciare i movimenti sopra il ghiacciaio Barry e per affinare le previsioni circa un possibile mega-tsunami.

IL MODELLO – Un modello preliminare tratto dal rapporto di maggio, che non è stato ancora sottoposto a peer review, suggerisce che uno tsunami che raggiungesse centinaia di metri di elevazione lungo la costa sarebbe il risultato di un improvviso e massiccio cedimento, che si propagherebbe in tutto lo stretto, nelle baie e nei fiordi lontani.

È piuttosto terrificante“, ha detto Higman al blog GlacierHub della Columbia University a maggio, paragonando i rischi ambientali ai vulcani – qualcosa che l’umanità ha capito essere un rischio imprevedibile.

Forse stiamo entrando in un perodo in cui dobbiamo guardare ai ghiacciai con lo stesso tipo di approccio“.

I risultati sono disponibili sul sito web dell’ADNR.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it