Published On: Gio, Dic 10th, 2020

La Gjøa, la prima nave che percorse il passaggio a nord-ovest

Il passaggio a nord-ovest è una via navigabile che congiunge l’Atlantico al Pacifico attraverso le regioni periferiche dell’America Settentrionale. L’Inghilterra, nel timore che le esplorazioni russe nel Pacifico settentrionale costituissero una minaccia per il Canada, prese l’iniziativa per le ricerche del mitico passaggio. Il Parlamento inglese offrì premi in denaro agli esploratori artici e, all’inizio del secolo XIX, varie spedizioni britanniche riuscirono a tracciare le carte nautiche di vaste zone di mari artici fino allora inesplorate.

L’impresa artica più importante del secolo XIX si concluse però tragicamente: Sir John Franklin e il suo equipaggio di 129 uomini, partiti dall’Inghilterra nel 1845 sulle navi Erebus e Terror, non diedero più notizie di sé.

Le ricerche della spedizione Franklin determinarono le più estese esplorazioni dell’Artico canadese che fossero mai state intraprese. Un gruppo di soccorso, al comando di Sir Robert McClure, effettuò l’intero percorso del passaggio a Nord-Ovest, ma solo dopo aver abbandonato la nave e aver attraversato i ghiacci su slitte.

Ancora prima dello storico viaggio di Roald Amundsen, le spedizioni alla ricerca delle navi di Franklin avevano raccolto un numero così grande di informazioni sui bracci di mare che dividono le isole dell’Artico, che fu possibile disegnare una rotta teorica del passaggio a Nord-Ovest; come ammise lo stesso Amundsen non rimaneva altro che provare se quella rotta teorica fosse navigabile. Sapevamo che vi era un passaggio per mare intorno all’America Settentrionale“, scrisse Amundsen, “ma non sapevamo se questo passaggio fosse navigabile dato che nessuno finora aveva provato“.

La Gjøa

La Gjøa

Con la Gjøa, un battello per la pesca delle aringhe che egli aveva trasformato, Amundsen con un equipaggio di sei uomini, si aprì un varco attraverso le acque disseminate di ghiacci e per primo compì la navigazione completa del passaggio a nord-ovest.

L’esploratore norvegese descrisse la gioia dell’equipaggio quando riuscì ad attraversare i ghiacci che bloccavano l’ultimo tratto dello storico percorso: “Sembrò che la vecchia Gjøa sapesse di vivere un momento importante. Doveva affrontare due grandi blocchi di ghiaccio che sbarravano il passaggio a nord-ovest. Si spinse contro di essi e li costrinse a dividersi per poter scivolare nel mezzo.

I ragazzi con una lotta dura e disperata spinsero i ghiacci sui due lati della nave con i ganci d’accosto. Il ghiaccio cedette, un centimetro alla volta, e alla fine si aprì. Un selvaggio urlo di trionfo salutò il passaggio della nave attraverso la barriera. Eravamo di nuovo nel mare aperto e davanti a noi si apriva una via libera per il ritorno in patria”.

Nel 1969, la nave rompighiaccio Manhattan effettuò nei mari artici il viaggio più ambizioso dopo quello di Amundsen. La Manhattan si aprì un varco nelle acque ostruite dei ghiacci nel tentativo di provare che il passaggio a nord-ovest è una via transitabile per il traffico internazionale. Anche se tale viaggio fu portato a termine, fu provato che le difficoltà ambientali non consentivano rotte regolari.

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- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it