Published On: Gio, Mag 12th, 2022

La prima immagine del buco nero nel centro della Via Lattea

In conferenze stampa simultanee in tutto il mondo, inclusa quella sponsorizzata dalla National Science Foundation presso il National Press Club degli Stati Uniti a Washington, DC, gli astronomi hanno svelato la prima immagine del buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, la Via Lattea. Questo risultato fornisce prove schiaccianti su un oggetto sino ad oggi solo teorizzato e fornisce preziosi indizi sul funzionamento di tali giganti, che si pensa risiedano al centro della maggior parte delle galassie.

SAGITTARIUS A*

L’immagine è stata prodotta da un team di ricerca globale chiamato Event Horizon Telescope (EHT)Collaboration, utilizzando le osservazioni di una rete mondiale di radiotelescopi.
Si chiama Sagittarius A*, è quattro milioni di volte più massiccio del nostro Sole e nelle immagini mostra una regione centrale scura, chiamata ombra, circondata da una struttura luminosa di gas simile ad un anello. Si tratta di un’immagine senza precedenti che ha notevolmente migliorato la nostra comprensione di ciò che accade al centro della nostra galassia e che offre nuove intuizioni su come questi buchi neri giganti interagiscono con l’ambiente circostante.

ALTA SENSIBILITA’ E INGEGNO

Il buco nero al centro della nostra galassia, la Via Lattea. Credit: EHT

Poiché il buco nero si trova a circa 27.000 anni luce dalla Terra, sembra avere all’incirca le stesse dimensioni apparenti di una ciambella sulla luna. L’EHT ha osservato Sgr A* per più notti, raccogliendo dati per molte ore di seguito, in modo simile all’utilizzo di un lungo tempo di esposizione su una fotocamera. E proprio come una fotocamera ad alta potenza, l’imaging Sgr A* ha richiesto il supporto degli strumenti più sensibili della radioastronomia. Tale sensibilità proviene dai ricevitori Banda 6 da 1,3 mm sull’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), progettato dal Central Development Laboratory (CDL) presso il National Radio Astronomy Observatory (NRAO) della National Science Foundation degli Stati Uniti.

Lo sforzo è stato possibile grazie all’ingegno di oltre 300 ricercatori provenienti da 80 istituti di tutto il mondo che insieme costituiscono la EHT Collaboration. Oltre a sviluppare strumenti complessi per superare le sfide dell’imaging di Sgr A*, il team ha lavorato rigorosamente per cinque anni, utilizzando supercomputer per combinare e analizzare i propri dati, il tutto compilando una libreria senza precedenti di buchi neri simulati da confrontare con le osservazioni.
I risultati del team EHT sono stati pubblicati oggi in un numero speciale di The Astrophysical Journal Letters.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it