Published On: Lun, Lug 18th, 2022

Le province italiane: cosa rimane di esse?

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Ho letto con piacere l’articolo dell’amico Giuseppe Cutano sulle Regioni d’Italia, e mi sono tornate in mente le teorie sulle “Comunità inventate” che si applicano, nella geografia politica, agli Stati sovrani, basate su simboli, enfasi e mitopoiesi. Le Regioni sono invece degli Enti Amministrativi, ma nella storia della Repubblica Parlamentare si sono ritagliate competenze ampie ed hanno una struttura politica consolidata. Nate solo in parte per motivi storici ed espressione assolutamente astigmatica degli Stati preunitari, le Regioni sono oggi Enti Amministrativi e Politici. Semplificando brutalmente, in Italia gli Enti Locali sono organizzati su 3 livelli:

  • Regioni
  • Province
  • Comuni

Le città più grandi possono fregiarsi anche delle Circoscrizioni, ectoplasmi politici che, se è comprensibile che esistano a Roma col nome di Municipi, si capisce meno perché siano previste a Rovereto, che è 70 volte meno popolosa. Sono poi stati inventati Comprensori, Comunità Montane, Comunità di Valle e probabilmente altre forme di collaborazione tra comuni che possono essere condivisibili nella ratio, almeno quando non sconfinano nella mera politica, ma se si arrogano funzioni amministrative volte ad obiettivi chiari e ad economie di scala.

Province italiane (Credit WikiSource)

Vorrei concentrarmi sulle Province Italiane che, secondo Giuseppe, sono state “svuotate di poteri” pur essendo “istituzioni con una storia più profonda delle Regioni e più vicine ai cittadini”. Questa narrazione è per molti versi condivisibile. Proprio questa vicinanza ai cittadini, però, temo abbia messo le province alla mercé di una sperimentazione politica poco costruttiva. Cerco di spiegarmi meglio: le province sono state oggetto di processi di creazione, abolizione e trasformazione sia nel territorio sia nella nomenclatura, e credo abbiano rappresentato, nell’età repubblicana, Enti davvero vicini ai cittadini solo nelle sigle automobilistiche e nelle intenzioni.

Cerchiamo di definire velocemente cosa sia una Provincia; essa può essere vista in due modi:

  • Un Ente periferico con funzioni amministrative e di censo, con a capo un Prefetto
  • Un Ente politico che raggruppa più Comuni ed ha una Giunta ed un Presidente

Quante sono ad oggi in Italia le Province: con il primo criterio la risposta è semplice. Sono 107, ed in esse includiamo Aosta, che ha il Prefetto con giurisdizione su un territorio regionale autonomo, e non su una Provincia, Trento e Bolzano, che al posto del Prefetto hanno un Commissario del Governo, le ex Province del Friuli Venezia Giulia e quelle realtà sovracomunali che sono diventate Città Metropolitane. In ogni “Provincia Amministrativa” le istituzioni che fanno capo al Ministero degli Interni svolgono funzioni burocratiche e di pubblica sicurezza.

Con riferimento alle “Province politiche” in questi 75 anni di Repubblica Italiana ne abbiamo viste un po’ di tutti i colori, per usare una locuzione popolare. Dal “loss von Trient” che ha irreparabilmente separato le Province Autonome di Trento e Bolzano lasciando alla deriva un Ente inutile come la Regione Autonoma del Trentino Alto Adige/Südtirol, alla nascita di Province barzelletta come Fermo e Vibo Valentia, al campanilismo straziante della provincia “una e trina” (Barletta-Andria-Trani, NdR) strappata ai territori di Foggia e Bari. Fino agli esperimenti tipo “Frankestein” della Regione Sardegna di cui scrissi in un articolo di ormai quasi un anno fa.

Un’esperienza interessante, a mio avviso, è quella della Regione Friuli Venezia Giulia che ha creato, sulle ceneri delle province, degli Enti Regionali Decentrati che garantiscono servizi amministrativi accorpati, ma non hanno funzioni politiche.

Sull’onda dei risparmi della politica, in effetti, anche il Presidente della Provincia viene oggi eletto, salvo alcune eccezioni, dai sindaci dei Comuni della provincia stessa, senza chiamare alle urne i cittadini. La Provincia ha poi una Giunta con degli Assessori senza poteri chiari. Si sa che le competenze provinciali sono limitate all’edilizia scolastica ed alle strade, per cui è difficile pensare che il costoso mantenimento di una struttura di questo tipo sia un vero valore aggiunto per i cittadini.

Su questo aspetto si potrebbe discutere a lungo, ma è un dato di fatto che un Presidente di Provincia abbia poteri politici praticamente nulli e che un passo forse decisivo verso una razionalizzazione degli Enti locali non sia tanto l’abolizione delle Province quanto la loro completa depoliticizzazione, a favore di forma che fornisca davvero dei servizi ai cittadini, servizi tecnici, patrimoniali, sanitari, infrastrutturali. Sarà per deformazione professionale o per egocentrismo, ma ritengo che proprio il settore dei rifiuti e dell’energia sia un settore che, a livello provinciale potrebbe diventare dirimente, sotto forma di programmazione extracomunale di medio lungo periodo. Cercasi amministratori illuminati.

About the Author

- ingegnere per l’ambiente ed il territorio, laureato a Trento, si è sempre occupato di progettazione idroelettrica, mercato dell’energia, idraulica ed ambiente. Ha numerose esperienze lavorative internazionali (Brasile, Africa centrale, Australia) ed una passione per la geografia e la cultura classica. Questa passione lo ha portato a laurearsi in geografia nel 2020 con una tesi sugli itinerari culturali. Velleità da periegeta e da geografo naïve non lo distolgono dal grande obiettivo di sensibilizzare le persone rispetto al tema dell’energia, della sua produzione, del risparmio ed in un’ultima analisi della strategica importanza che questa commodity riveste. Il progetto GeoMagazine lo ha convinto sin dall’inizio e, oltre che alla produzione di articoli tra scienza e contaminazioni umanistiche, a rivestire il ruolo di editore di questa pagina di comunicazione scientifica ed ambientale, con l’obiettivo di renderla un canale di informazione imparziale ed obiettivo, lontano da semplificazioni, sottintesi e qualunquismo. Un canale che si rivolge ad un pubblico variegato in termini di età e formazione, ma che si pone una regola ferrea: analizzare i problemi, suffragarli, e spiegarli in modo semplice. Lo story telling che si può invece scorgere negli articoli più leggeri vuole essere una posa di positivismo ed un’ispirazione verso mondi inesplorati, fuori e dentro di noi.