Published On: Gio, Dic 22nd, 2022

Oltre 190 Stati d’accordo per un “patto di pace” con la natura

Dopo quattro anni di intensi negoziati, oltre 190 stati si sono mobilitati a favore dell’accordo mediato dalla Cina volto a salvare le terre, gli oceani e le specie della Terra dall’inquinamento, dal degrado e dalla crisi climatica.
Definito come “un patto di pace con la natura” dal capo delle Nazioni Unite, l’accordo si prefigge l’obiettivo di invertire decenni di distruzione ambientale che ha posto in serio pericolo specie ed ecosistemi.
La maratona del vertice sulla biodiversità COP 15 a Montreal è arrivata alle ore piccole, e il presidente del ministro dell’Ambiente cinese Huang Runqiu ha dichiarato l’adozione dell’accordo e ha battuto il martelletto, suscitando un forte applauso.
Il capo dell’UE Ursula von der Leyen ha affermato che l’accordo raggiunto Lunedì è “una base per un’azione globale sulla biodiversità, a complemento dell’accordo di Parigi per il clima“. E gli Stati Uniti hanno salutato il risultato come un “punto di svolta”, esprimendo apprezzamento per il ruolo adottato dalla Cina.

Le foreste tropicali. Immagine di pubblico dominio

Il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha definito l’accordo “ampio e ambizioso“.
Il presidente americano Joe Biden sostiene l’accordo e ha lanciato il suo piano “30 per 30” a livello nazionale, ma gli Stati Uniti non sono formalmente parte della convenzione sulla biodiversità a causa dell’opposizione dei repubblicani al Congresso.
L’accordo si impegna a garantire il 30 percento del pianeta come zona protetta entro il 2030, raccogliere 30 miliardi di dollari in aiuti annuali per la conservazione per il mondo in via di sviluppo e fermare le estinzioni causate dall’uomo delle specie minacciate.
Gli ambientalisti l’hanno paragonato al piano storico per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C previsto dall’accordo di Parigi, anche se qualcuno ha fatto notare, storcendo il naso, che gli obiettivi sono lontani dalla realtà.

Un patto di pace con la natura

Si tratta indubbiamente del più grande impegno di conservazione della Terra e degli oceani, che fornisce qualche speranza per il futuro.
Alci, tartarughe marine, pappagalli, rinoceronti, felci rare e alberi secolari, farfalle, razze e delfini sono tra le milioni di specie che vedranno una prospettiva significativamente migliorata per la loro sopravvivenza e abbondanza se questo accordo sarà implementato in modo efficace.
L’amministratore delegato del gruppo di campagna Avaaz, Bert Wander, ha ammonito: “È un significativo passo avanti nella lotta per proteggere la vita sulla Terra, ma da solo non sarà sufficiente. I governi dovrebbero ascoltare ciò che la scienza sta dicendo e aumentare rapidamente l’ambizione di proteggere metà della Terra entro il 2030“.

DIRITTI INDIGENI E LOTTA AI FINANZIAMENTI

Il testo si impegna a salvaguardare i diritti degli indigeni come amministratori delle loro terre, una richiesta chiave degli attivisti.
I 23 obiettivi dell’accordo includono anche il risparmio di centinaia di miliardi di dollari tagliando i sussidi agricoli dannosi per l’ambiente, riducendo il rischio derivante dai pesticidi e affrontando le specie invasive.

Il grande squalo bianco

Tuttavia, quanto i paesi ricchi invieranno al mondo in via di sviluppo, sede della maggior parte della biodiversità del pianeta, è stato il più grande punto critico.
I paesi in via di sviluppo avevano cercato la creazione di un nuovo fondo più grande per gli aiuti del Nord del mondo. Ma la bozza di testo suggeriva invece un compromesso: la creazione di un fondo nell’ambito dell’esistente Global Environment Facility (GEF).
Questa preoccupazione è stata ripresa dalla Repubblica Democratica del Congo, sede del bacino del Congo, un ricco paradiso di biodiversità.
Gli attuali flussi finanziari per la natura verso il mondo in via di sviluppo sono stimati intorno ai 10 miliardi di dollari all’anno.
Un delegato della RDC si è espresso in plenaria per chiedere un aumento del finanziamento annuale a 100 miliardi di dollari, ma Huang ha dichiarato che il quadro è stato ormai approvato. 

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it