Published On: Dom, Feb 5th, 2023

Alla ricerca di vita aliena attraverso l’intelligenza artificiale

Circa 540 milioni di anni fa, grazie ad un minimo aumento dei livelli di ossigeno nell’atmosfera, diverse forme di vita emersero dai fangosi fondali oceanici. Il periodo, noto come esplosione cambriana, diede il via all’evolversi della vita complessa come la conosciamo.
Oggi, grazie ai rapidi progressi nell’apprendimento automatico, potremmo trovarci nel bel mezzo di un’esplosione cambriana per l’intelligenza artificiale (IA). L’IA è ora utilizzata praticamente in tutte le aree della scienza per aiutare i ricercatori con compiti di classificazione di routine. Sta anche aiutando i radioastronomi ad ampliare la ricerca di vita extraterrestre con risultati promettenti.

ALLA SCOPERTA DI SEGNALI ALIENI

L’intelligenza artificiale è addestrata a cercare, attraverso i dati dei radiotelescopi, segnali che non possono essere generati da processi fisici naturali. Ora, fornendo un set di dati studiato in precedenza, è stato possibile scoprire 8 segnali considerati interessanti, che l’algoritmo classico non aveva notato. Per essere chiari, questi segnali probabilmente non provengono da intelligenze extraterrestri, ma rappresentano più probabilmente casi di interferenze radio.

Il radiotelescopio di Arecibo

Tuttavia, le scoperte pubblicate su Nature Astronomy, evidenziano come le tecniche di intelligenza artificiale giocheranno sicuramente un ruolo continuo nella ricerca dell’intelligenza extraterrestre.

Nonostante questi algoritmi si siano dimostrati estremamente utili, non capiscono e non pensano; non hanno, cioè, la capacità di risolvere problemi. Svolgono solo i compiti specifici per i quali sono stati addestrati, e anche se l’idea di un’intelligenza artificiale che rilevi l’intelligenza extraterrestre suona come la trama di un emozionante romanzo di fantascienza, entrambi i termini sono imperfetti. I programmi di intelligenza artificiale non sono intelligenti e le ricerche di intelligenza extraterrestre non riescono a trovare prove dirette dell’intelligenza.

TECNOFIRME RADIO

Questi segnali ipotizzati indicherebbero la presenza della tecnologia e, per procura, l’esistenza di una società con la capacità di sfruttare la tecnologia per la comunicazione.
L’algoritmo funziona meglio di quanto si sperasse, ma trovare forme di vita aliena intelligente è stato associato ad un ago in un pagliaio cosmico. I radiotelescopi producono infatti enormi volumi di dati, e in essi ci sono grandi quantità di interferenze da fonti come telefoni, WiFi e satelliti.

Gli algoritmi devono essere in grado di separare le vere firme tecnologiche dai “falsi positivi” e farlo rapidamente. Il classificatore ideato da Peter Ma, uno studente dell’Università di Toronto, soddisfa questi requisiti. 

Peter ha inserito segnali simulati in dati reali, quindi ha utilizzato questo set di dati per addestrare un algoritmo chiamato codificatore automatico. Man mano che l’autoencoder elaborava i dati, “imparava” a identificare le caratteristiche salienti nei dati. In una seconda fase, queste funzionalità sono state inserite in un secondo algoritmo capace di creare alberi decisionali per decidere se un segnale è degno di nota o solo un’interferenza radio, separando essenzialmente gli “aghi” della tecnofirma dal pagliaio.

ELABORAZIONE DI CENTINAIA DI ORE DI OSSERVAZIONI

Dopo aver addestrato l’algoritmo, gli sono stati forniti più di 150 terabyte di dati (480 ore di osservazione) dal Green Bank Telescope ubicato nella Virginia occidentale. Ha identificato 20.515 segnali di interesse, che i ricercatori hanno poi dovuto ispezionare manualmente. Di questi, otto segnali avevano le caratteristiche di tecnofirme e non potevano essere attribuiti a interferenze radio.
Per provare a verificare questi segnali, gli scienziati sono poi tornati al telescopio per ri-analizzarli, ma senza successo. Una situazione già vissuta nel 2020 che forse un giorno, con l’emergere di nuove tecnologie, saremo in grado di risolvere.

RESTRINGERE LA RICERCA

Il team ha recentemente implementato un potente processore di segnale sul telescopio MeerKAT in Sud Africa. MeerKAT utilizza una tecnica chiamata interferometria, che combina le sue 64 parabole ad agire come un unico telescopio. Questa tecnica è in grado di individuare la provenienza di un segnale, il che ridurrà i falsi positivi dovuti alle interferenze radio.

Se gli astronomi riuscissero a rilevare una firma tecnologica che non può essere spiegata come interferenza, essa suggerirebbe che gli umani non sono gli unici creatori di tecnologia all’interno della Galassia. Sarebbe una delle scoperte più profonde che si possano immaginare. Allo stesso tempo, se non rilevassero nulla, ciò non significherebbe che siamo l’unica specie tecnologicamente capace in circolazione. Un mancato rilevamento potrebbe anche significare che non abbiamo cercato il giusto tipo di segnali, o che i nostri telescopi non sono ancora abbastanza sensibili.

Potremmo aver bisogno di superare una soglia di sensibilità prima che si possa fare un’esplosione cambriana di scoperte. In alternativa, se fossimo davvero soli, dovremmo riflettere sulla bellezza unica e sulla fragilità della vita qui sulla Terra.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it