Published On: Ven, Mag 8th, 2020

La riduzione di ozono sull’artico ha raggiunto quest’anno livelli record

Quest’anno, come testimoniano i dati della NASA, l’ozono stratosferico artico ha subito perdite record: fra le cause un vortice polare molto compatto.

Rappresentazione schematica della DBC, con le frecce a rappresentare il trasporto dell’ozono

L’O3 E IL VPS – La genesi dell’ozono stratosferico (O3) avviene tramite la reazione di fotolisi dell’ossigeno (O2), causata dalla radiazione UV che scinde l’O2 in due atomi, liberi poi in stratosfera di legarsi rapidamente con quelli dell’ossigeno molecolare per formare l’O3, che si dispone in uno strato, detto ozonosfera, una fascia compresa fra 20 e 50 km d’altezza. La formazione dell’ozono, e il conseguente riscaldamento stratosferico che ne deriva, è maggiore laddove la radiazione solare è più intensa, ovvero ai tropici.

L’ozono subisce il trasporto dai tropici ai poli tramite la circolazione di Brewer-Dobson (BDC) in maniera molto lenta, tant’è che alla fine risulta un accumulo di ozono alle alte latitudini maggiore rispetto ai tropici. Il vortice polare stratosferico (VPS) è una regione molto vasta della stratosfera che si forma in autunno-inverno a seguito del lungo raffreddamento delle notti polari che porta le temperature a raggiungere i -60/-70°C ed oltre. A causa del forte gradiente termico che si instaura fra il VPS e le zone circostanti si forma una corrente a getto polare che scorre mediamente da ovest verso est nel nostro emisfero e che ne delimita la struttura. Alle volte una serie di onde planetarie, le onde di Rossby, che raggiungono un’ampiezza di migliaia di km, causano disturbi che intaccano la struttura del VPS. Quest’anno tuttavia è andata diversamente.

LE CAUSE DELLA RIDUZIONE DI OZONO – Il VPS quest’anno si è isolato, rafforzandosi e raffreddandosi, e la circolazione BDC precedentemente illustrata si è mostrata particolarmente debole, per cui si è avuta una netta riduzione di ozono. Ad un netto raffreddamento segue la comparsa, al di sotto dei -78°C, delle nubi stratosferiche polari (PSC), i cui effetti deleteri nei confronti dell’ozono sono stati già illustrati in un nostro recente articolo. A causa di queste insolite condizioni atmosferiche, le concentrazioni di ozono sopra l’Artico hanno raggiunto un minimo record per il mese di marzo, diminuendo a meno di 220 Unità Dobson (1 DU corrisponde a 27 biliardi di molecole di ozono per centimetro quadrato), che sono normalmente considerate “livelli di buco dell’ozono”, con un picco minimo fino a 205 DU. Questi valori hanno superato, secondo il servizio di monitoraggio atmosferico Copernicus, quelli record registrati nel marzo 2011.

RITORNO ALLA NORMALITÀ – Nel mese di aprile l’aumento della radiazione solare ha provocato un final warming, un riscaldamento stratosferico che ha posto fine all’evento con la miscelazione con l’ozono proveniente dalle latitudini inferiori, come ben visibile in questo video (le tinte blu indicano bassa presenza di O3, viceversa quelle rossastre).

Fonti bibliografiche e iconografiche: nasa.gov, atmosphere.copernicus.eu, public.wmo.int, meteonetwork.it, Meteorologia Volume 1, Andrea Corigliano

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- Studente laureato in ingegneria ambientale, cura la sezione Energia & Sviluppo sostenibile. E' appassionato e divulgatore di varie tematiche scientifiche.