Published On: Mar, Gen 9th, 2024

Da paradisiaco a invivibile: uno studio simula la vulnerabilità di un pianeta

Uno studio condotto da un team di astronomi dell’Università di Ginevra e del Nccr PlanetS, in collaborazione con i laboratori del Cnrs di Parigi e Bordeaux, ha portato alla luce la fragilità del nostro pianeta di fronte a un “effetto serra galoppante”. La ricerca, pubblicata recentemente sulla rivista Astronomy & Astrophysics, si basa su una simulazione dettagliata condotta per la prima volta, evidenziando i cambiamenti atmosferici che possono trasformare un clima idilliaco in un inferno incontrollabile.

Il processo, noto come ‘runaway greenhouse process’, si attiva quando i gas serra, in particolare il vapore d’acqua, raggiungono livelli tali da impedire al calore di dissiparsi nello spazio. Un incremento anche minimo della temperatura può scatenare questa reazione a catena, trasformando un pianeta da paradisiaco a invivibile. L’esempio di Venere, con una superficie che potrebbe superare i 500°C, dimostra quanto una piccola variazione possa portare a conseguenze disastrose.

LO STUDIO

Lo studio, che si concentra sulla fase di transizione del runaway greenhouse process, rivela anche la comparsa di pattern di nubi particolari che intensificano l’effetto serra in modo irreversibile. I ricercatori sottolineano che questa scoperta è cruciale non solo per comprendere il destino della Terra ma anche per lo studio del clima su altri pianeti, specialmente quelli al di fuori del nostro sistema solare. “Esiste una soglia critica, per questa quantità di vapore acqueo, oltre la quale il pianeta non può più raffreddarsi“, spiega il primo autore dello studio, Guillaume Chaverot, dell’Università di Ginevra. “Da quel punto in poi è una deriva inarrestabile, fino a quando gli oceani non sono completamente evaporati e la temperatura superficiale ha raggiunto diverse centinaia di gradi“, aggiunge.

DAGLI ESOPIANETI ALLA TERRA

La direzione del Life in the Universe Center (Luc) dell’Università di Ginevra, nella dottoressa Émeline Bolmont coinvolta nello studio, evidenzia l’importanza di determinare la capacità di altri pianeti di ospitare la vita. La firma specifica delle nubi durante il processo potrebbe diventare un indicatore rilevabile con la prossima generazione di strumenti di osservazione degli esopianeti. L’analisi del team suggerisce che un aumento minimo dell’irradiazione solare potrebbe innescare il processo anche sulla Terra, rendendola simile a Venere. Un incremento di soli 10 metri dell’evaporazione degli oceani porterebbe a un aumento significativo della pressione atmosferica e temperature insostenibili.

In un contesto in cui la comunità internazionale si è impegnata a limitare il riscaldamento globale entro i 1,5 gradi entro il 2050, lo studio sottolinea l’urgenza di agire rapidamente per ridurre le emissioni di gas serra. La conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop 28) ha enfatizzato la necessità di ridurre le emissioni globali del 43% entro il 2030 e del 60% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019. La ricerca, quindi, sollecita un’azione globale per mitigare e frenare il cambiamento climatico sulla Terra.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it