Efficientamento energetico degli edifici entro 2030 e il tempo perduto in Italia
La recente direttiva europea sull’efficientamento degli immobili ha suscitato, nel nostro Paese, una levata di scudi: “talebani dell’ambientalismo”, “follia UE” ed altri peana sono in questi giorni su molti media ed infoprovider (solitamente, mi sento di dire, quelli schierati con i partiti conservatori).
Quali sono le implicazioni pratiche di questo provvedimento? Le abitazioni in classe energetica inferiore alla E, ovvero che consumano più di 120 kWh all’anno per m2 di superficie, non potranno più essere messe sul mercato dopo il 2030. Tendo ad avere qualche dubbio sul fatto che a queste case “colabrodo” sia negata in futuro l’abitabilità, ma la norma, ancora soggetta ad emendamenti, non chiarisce questo aspetto. Sul fatto che gli obiettivi posti in essere siano sfidanti sembrano essere tutti d’accordo, mentre è difficile trovare informazioni lineari sul patrimonio immobiliare sul quale sarà necessario intervenire. Pare che ogni stato dell’UE possa esentare da questo provvedimento, per diversi motivi legati all’importanza storica o funzionale, fino al 22% degli edifici. In Italia gli edifici con categoria F o G sono diversi milioni, e ci sono fonti che sostengono si parli di oltre il 60% degli edifici censiti, che sono poco meno di 15 milioni. Si tratta pertanto di intervenire su quasi 6 milioni di edifici; a conti fatti circa 750 mila edifici ogni anno, fino alla scadenza imposta.
Per evitare di pensare che questo tipo di provvedimento sia un fulmine a ciel sereno, mi preme ricordare che l’Europa e l’Italia hanno affrontato con moltissimi provvedimenti, nel corso della storia recente, il tema del risparmio energetico, per diverse ragioni e con strumenti volti a ridurre il consumo di combustibili, l’inquinamento, il ricorso all’energia elettrica. Il primo provvedimento italiano in questo senso risale addirittura al marzo 1976 con la legge 373/76. La legge prevedeva “Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici” ed introdusse criteri sull’isolamento termico degli edifici e sulla progettazione degli impianti termici. Forse pensate di non aver letto correttamente, per cui è bene sottolinearlo nuovamente: la prima legge sul risparmio energetico degli edifici risale a 47 anni fa. Negli anni ’70, pertanto, il risparmio energetico non si traduceva in mere azioni dimostrative, come le domeniche a piedi e la moral suasion rivolta ad un minore utilizzo dell’automobile privata. Già negli anni ’70 i provvedimenti legislativi orientavano ad una concreta pianificazione di interventi di risparmio e razionalizzazione, in un settore energivoro e particolarmente impattante nella vita dei cittadini.
Con quest’ultima direttiva si pretende di fatto che, nel giro di 7 anni e mezzo, gli edifici di nuova costruzione siano energeticamente autosufficienti, mentre il già costruito dovrà, se necessario, adeguarsi con interventi di coibentazione ed efficientamento. 47 anni dietro di noi, più di 7 anni davanti a noi: basterebbero questi due orizzonti temporali per sgonfiare gli allarmismi conditi di malcelate minacce rispetto a chi “vede andare in malora i risparmi di una vita”.
Mettiamola diversamente: chi non vuole veder andare in malora i risparmi di una vita ha avuto 47 anni di tempo per intervenire, con incentivi alle volte smaccati (ricordiamo il famigerato 110%, ma anche norme precedenti, come l’equilibrata legge 9/1991 ancora in vigore, davano percentuali di sconto fiscale ed incentivi molto interessanti). Chi si lamenta ora del tempo inesorabilmente passato, un tempo nel quale ha evidentemente pagato troppo poco le forniture di energia elettrica e di combustibili per il riscaldamento, avrà ancora più di 7 anni di tempo per intervenire, con il sostegno fattivo degli strumenti normativi, e dare valore al proprio immobile, al proprio investimento, ai propri asset. Ovviamente gli immobili costruiti abusivamente o con qualche criticità rispetto agli strumenti urbanistici, pagheranno dazio, ma penso sia nella logica delle cose.
Ritengo che lamentele che sfociano nel volgare e nello sgomento di chi non si aspettava un cambio di passo, siano fuori luogo e siano poco credibili. Dipendenza dai fossili, inquinamento, risparmio, cambiamento climatico sono parole che abbiamo sempre sentito negli ultimi 50 anni, sorprendersi e tacciarle di essere slogan di non ben precisate lobby non è sintomo di onestà intellettuale. Pertanto, avanti con l’elettrificazione di diversi settori e con il risparmio in campo edilizio: ogni contesto ed ogni singolo edificio possono essere sottoposti ad analisi costi/benefici rispetto a diverse soluzioni tecnicamente possibili, e gli investimenti riguarderanno tutto il Paese, nel pubblico e nel privato. Saranno investimenti forse più difficili da controllare rispetto a quelli di “una grande opera”, ma proprio per questo potranno risultare, lo si auspica più che altro, sobri e misurati rispetto alle reali esigenze abitative.