Published On: Ven, Dic 30th, 2022

Come è diventato lo “Stokkfisk” norvegese una antica tradizione culinaria italiana?

Come è arrivato il merluzzo norvegese essiccato dalle remote isole Lofoten in Norvegia fino alle calde nostre coste mediterranee? L’Italia è oggi il maggiore importatore di merluzzo norvegese e il nostro mercato è quello di riferimento per il paese scandinavo. In Italia lo chiamiamo in diversi modi: baccalà, stocco, stoccafisso, pescestocco, seppur possa presentarsi essiccato oppure anche sotto sale. Stoccafisso parrebbe essere la naturale italianizzazione del termine norvegese Stokkfisk (bastone di pesce) e si riferisce al pesce essiccato, mentre baccalà è la versione sottosale. Duque facciamo attenzione a non confondere le due cose, seppur parliamo sempre di merluzzo norvegese.

Merluzzo in essiccazione alle isole norvegesi Lofoten (Credit Kitchensuite)

Focalizziamoci sul prodotto essiccato (stoccafisso) che è quello più curioso. Il merluzzo, che viene pescato nei mari del nord, già nei secoli addietro veniva appeso su grandi filari e fatto essiccare ai venti gelidi e secchi delle isole Lofoten. Dopo circa 2 mesi di essiccazione all’aperto veniva messo al chiuso per altri 3 mesi per concludere il processo di trasformazione. Il pesce a fine ciclo perde così il 70% dell’acqua, ma mantiene intatti i valori nutritivi. Con questo trattamento il pesce diviene esportabile senza necessità di frigoriferi o altri conservanti. Immaginate dunque nei secoli scorsi che valore aggiunto avesse questo prodotto. Ancora oggi il metodo di lavorazione è identico e soprattutto naturale.

I popoli del nord, come quelli del Mediterraneo, sono sempre stati grandi navigatori e commercianti. In passato gli scambi principali erano via nave. I veneziani erano nei secolo scorsi di certo padroni dei mari e infatti pare proprio che un navigatore di Venezia, nel 1400, facendo naufragio presso le isole Lofoten trovò rifugio nelle isole scandinave. Al suo rientro portò con se alcuni pezzi di stoccafisso ed è questa la prima traccia scritta in un suo diario. Da lì nacque la grande diffusione di questo prodotto in Veneto.

Stocco essiccato (credit Buonissimo)

Come sia invece arrivato in Calabria, e nel cuore dell’Aspromonte, è un po’ più complicato capirlo. Di certo i veneziani iniziarono a commercializzarlo in tutti i porti italiani dopo averlo ricevuto dai commercianti scandinavi e così sarà stato scambiato, con prodotti come l’olio, nei porti calabresi.  Sta di fatto che in alcune località montane del Parco Nazionale d’Aspromonte lo stoccafisso è diventato nei secoli uno dei piatti principali della cucina povera. La sua lunga conservazione era alla base del suo utilizzo. Inoltre erano note le sue proprietà nutritive che ben si prestavano al duro lavoro della campagna. Si diceva anche che fosse un toccasana per le mamme per avere più latte. Questo legame fra Calabria e Norvegia, che dura ormai da tempo immemore, ha creato un vero e proprio gemellaggio gastronomico fra la località di Mammola in provincia di Reggio Calabria e le Isole Lofoten norvegesi. 

Stoccafisso rimesso in ammollo (Credit Stoccoestocco)

Si dice che una chiave fondamentale per riappropriarsi del gusto sia l’utilizzo di acqua di sorgente. Ovviamente per ridare idratazione al pesce lo stoccafisso deve essere messo in ammollo in acqua e dopo qualche giorno ritorna ad essere come il pesce fresco. Lo scettro dello stoccafisso calabrese più saporito viene conteso fra il borgo di Mammola, sul versante jonico dell’Aspromonte e Cittanova, sul versante Tirrenico. Il segreto della contesa sta nell’utilizzare sorgenti diverse dello stesso gruppo montuoso per “riattivare” lo stoccafisso. Difficile dire quale possa essere più buono e la decisione la lasciamo a voi lettori. Il legame con il territorio aspromontano lo dimostra la ricetta più antica che è quella in umido con le patate, quest’ultimo prodotto tipico della montagna. 

Se un tempo lo stoccafisso era considerato un piatto povero ora viene riscoperto come un piatto nobile che unisce il Mediterraneo alla Scandinavia. In Italia le regine della cucina di questo pesce sono il Veneto e la Calabria, ma viene anche largamente cucinato in Liguria, Marche, Toscana e Sicilia. Di certo, nei secoli,  le località portuali principali dello Stivale hanno scambiato questo prodotto che era molto facile trasportare e conservare e da lì parte la sua diffusione. Dunque una volta di più si dimostra che la storia del nostro Paese è una storia multiculturale e che è frutto degli scambi che per secoli hanno visto i nostri commercianti scambiarsi prodotti con altri paesi. Dietro ogni cosa c’è sempre una storia molto interessante che affonda radici nel nostro passato e che è interessante conoscere.

Fonti Consultate: Lucasessa,com, Repubblica, Turismo Reggio Calabria, WikiSource

About the Author

- Ingegnere Ambientale, laureato presso il Politecnico di Torino, si è specializzato in difesa del suolo. Oggi si occupa di progettazione di impianti ad energia rinnovabile e di sviluppo sostenibile della montagna, con focus sulla mobilità elettrica. Volontario di Protezione Civile, ama la natura, ma anche i social media e la fotografia. Per compensare la formazione scientifica coltiva lo studio della storia e delle scienze politiche. * Contatti: giuseppe.cutano@geomagazine.it * * IG: @latitude_45