Published On: Sab, Mar 16th, 2024

Radioattività e precipitazioni nell’era della Guerra Fredda

Durante un periodo storico segnato dalla tensione della Guerra Fredda negli anni ’50 e ’60, sia gli Stati Uniti che l’Unione Sovietica condussero una serie di test di armi nucleari in varie zone remote, inclusi il deserto del Nevada e le isole sparse nell’Oceano Pacifico e nell’Artico. Gli esperti erano a conoscenza che le conseguenze dell’inquinamento radiattivo si sarebbero estese ben oltre i siti di detonazione e a tal fine furono istituite stazioni di ricerca per studiarne l’impatto sui modelli atmosferici. Recenti analisi condotte da un team dell’Università di Reading hanno riesaminato i dati di quegli anni, focalizzandosi su un aspetto nuovo: l’influenza della radioattività sulle precipitazioni.

I DATI RACCOLTI

Il team ha esaminato i dati raccolti tra il 1962 e il 1964 da una stazione di ricerca situata in Scozia. I risultati hanno mostrato che i giorni caratterizzati da maggiore presenza di radioattività corrispondevano a nubi più dense e a una maggiore quantità di precipitazioni, nonostante la stazione fosse distante migliaia di chilometri dai luoghi in cui le bombe nucleari furono detonate. L’emissione di carica elettrica nell’aria da parte della radioattività, secondo gli studiosi, potrebbe alterare i processi di interazione tra le gocce d’acqua nelle nuvole. Sebbene da tempo gli scienziati ipotizzassero che la carica elettrica potesse influenzare le precipitazioni, fino ad ora è stato difficile ottenere prove dirette di questa teoria.

IMPLICAZIONI FUTURE

Questa scoperta ha implicazioni rilevanti per la ricerca nel campo della geoingegneria. Se la carica elettrica potesse influenzare le precipitazioni, come sembrerebbe suggerire questa ricerca, potrebbero essere sviluppate tecnologie basate su questo principio per affrontare situazioni di emergenza come siccità o inondazioni. Tuttavia, gli esperti temono che tali interventi possano destabilizzare ulteriormente un sistema climatico già fragile, con conseguenze imprevedibili e potenzialmente disastrose. Saranno necessari ulteriori studi prima di poter procedere concretamente in questa direzione, ma questo lavoro offre una nuova prospettiva promettente per il futuro della ricerca.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it