Published On: Gio, Set 24th, 2020

Svelato il segreto delle strane tempeste di Giove

Al polo sud di Giove si nasconde uno spettacolo sorprendente, per lo più nascosto agli occhi indiscreti degli umani: una raccolta di tempeste vorticose disposte in uno schema insolitamente geometrico.

Da quando sono state individuate per la prima volta dalla sonda spaziale Juno della NASA nel 2019, hanno presentato agli scienziati qualcosa di misterioso. Esse sono analoghe agli uragani sulla Terra; tuttavia, sul nostro pianeta gli uragani non si raccolgono ai poli e non volteggiano l’uno intorno all’altro a forma di pentagono o esagono, come fanno le curiose tempeste di Giove.

Ora, un gruppo di ricerca che lavora nel laboratorio di Andy Ingersoll, professore di scienze planetarie al Caltech, ha scoperto perché le tempeste di Giove si comportano in modo così strano. Lo ha fatto usando la matematica derivata da una dimostrazione scritta da Lord Kelvin, un fisico e ingegnere matematico britannico, quasi 150 anni fa.

Ingersoll dice che le tempeste di Giove sono notevolmente simili a quelle che colpiscono la costa orientale degli Stati Uniti ogni estate e autunno, solo su scala molto più ampia.
Come sulla Terra, le tempeste di Giove tendono a formarsi vicino all’equatore e poi si spostano verso i poli. Tuttavia, gli uragani e i tifoni della Terra si dissipano prima che si avventurino troppo lontano dall’equatore. Su Giove ciò non accade.

La differenza è che sulla terra gli uragani esauriscono l’acqua calda e si riversano nei continenti“, afferma Ingersoll. Giove non ha terra, quindi c’è molto meno attrito. C’è solo più gas sotto le nuvole e del calore residuo dalla sua formazione, che è paragonabile al calore che riceve dal sole, quindi la differenza di temperatura tra l’equatore e i poli non è così grande come sulla Terra.

Tuttavia – dice Ingersoll – questa spiegazione non tiene ancora conto del comportamento delle tempeste una volta raggiunto il polo sud di Giove, il che è insolito anche rispetto ad altri giganti gassosi. Saturno – prosegue – che è anche un gigante gassoso, ha un’enorme tempesta a ciascuno dei suoi poli, piuttosto che una raccolta di tempeste disposta geometricamente.

La risposta al mistero è stata trovata nel passato, in particolare nel lavoro condotto nel 1878 da Alfred Mayer, un fisico americano, e appunto Lord Kelvin. Mayer posizionò magneti circolari galleggianti in una pozza d’acqua e osservò che si sarebbero disposti spontaneamente in configurazioni geometriche, simili a quelle viste su Giove, con forme che dipendevano dal numero di magneti. Kelvin, invece, utilizzò le osservazioni di Mayer per sviluppare un modello matematico per spiegare il comportamento dei magneti.

Nel XIX secolo, la gente pensava a come i pezzi di fluido rotanti si sarebbero disposti in poligoni“, dice Ingersoll. “Sebbene esistessero molti studi di laboratorio su questi poligoni fluidi, nessuno aveva pensato di applicarli a una superficie planetaria“.

Per fare ciò, il team di ricerca ha utilizzato una serie di equazioni per costruire un modello computerizzato su ciò che accade su Giove, e ha iniziato a eseguire simulazioni.

Volevamo esplorare la combinazione di parametri che rende stabili questi cicloni“, afferma Cheng Li (Phd ’17), della UC Berkeley. “Ci sono teorie consolidate che prevedono che i cicloni tendono a fondersi al polo a causa della rotazione del pianeta ed è quello che abbiamo trovato nelle prime prove“.

Alla fine, il team ha scoperto che una disposizione geometrica stabile delle tempeste simile a Giove si sarebbe formata se le tempeste fossero state circondate da un anello di venti che girasse nella direzione opposta rispetto alle tempeste rotanti; un cosiddetto anello anticiclonico. La presenza di aree anticicloniche, quindi, fa sì che le tempeste si respingano a vicenda, piuttosto che fondersi.

L’articolo, intitolato “Modeling the Stability of Polygonal Patterns of Vortices at the Poles of Jupiter as Revealed by the Juno Spacecraft“, appare negli Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze.

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- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it