Published On: Gio, Giu 24th, 2021

Cambiamenti climatici più drastici del previsto. La nuova bozza delle Nazioni Unite

Secondo una bozza delle Nazioni Unite, il cui documento completo non sarà visionabile prima di Febbraio 2022, la vita sulla Terra nei prossimi decenni verrà rimodellata dai cambiamenti climatici. Malattie più diffuse, estinzione di varie specie, ondate di calore insopportabili, collasso dell’ecosistema, città minacciate dall’innalzamento dei mari.

Questi e altri devastanti impatti, secondo il rapporto, stanno accelerando e sono destinati a diventare argomenti da prima pagina nei prossimi 30 anni. L’umanità, pertanto, è chiamata ad affrontare alcune scelte determinanti per il futuro.

Da tempo gli scienziati hanno divulgato il pericolo che incombe a causa delle attività antropiche, ma stando agli ultimi dati lo scenario peggiore è più vicino di quanto precedentemente ipotizzato.
Il rapporto, composto da 4.000 pagine, è stato progettato per influenzare le decisioni politiche dei potenti della Terra. Ma i lavori sono ancora in corso e l’IPCC sino a termine lavori non rilascerà alcuna dichiarazione.

La bozza del rapporto arriva in un momento di “risveglio ecologico” globale e funge da controllo della realtà contro una sfilza di promesse mal definite da parte di governi e aziende di tutto il mondo. Le sfide che evidenzia sono sistemiche, intessute nel tessuto stesso della vita quotidiana.

Sono anche profondamente ingiuste: “i meno responsabili del riscaldamento globale soffriranno in modo sproporzionato“, chiarisce il rapporto.

E mostra che emettendo quantità record di gas serra nell’atmosfera stiamo minando la capacità delle foreste e degli oceani di assorbirli, trasformando in nemici i nostri più grandi alleati naturali nella lotta contro il riscaldamento.

L’umanità, quindi, sta seminando i semi della propria scomparsa?

Nessuno può dirlo. La natura è imprevedibile e sa essere nettamente più forte delle nostre azioni, ma in assenza di forzanti non previste la risposta potrebbe essere affermativa.

ALMENO QUATTRO CONCLUSIONI

Ci sono almeno quattro conclusioni nella bozza del rapporto che potrebbero essere soggette a modifiche minori nei prossimi mesi, poiché l’IPCC sposta la sua attenzione su una sintesi chiave per i responsabili politici.

La prima, è che con 1,1°C di riscaldamento registrato finora, il clima sta già cambiando.
Un decennio fa, gli scienziati credevano che limitare il riscaldamento globale a due gradi Celsius sopra i livelli della metà del XIX secolo sarebbe stato sufficiente per salvaguardare il nostro futuro.
Questo obiettivo fu sancito dall’Accordo di Parigi del 2015, adottato da quasi 200 nazioni, che permisero di limitare collettivamente il riscaldamento a “ben al di sotto” di due gradi Celsius e, se possibile, di 1,5 gradi.

Ma con le attuali tendenze ci stiamo dirigendo al massimo verso i tre gradi Celsius. E’ infatti probabile (40%) che la Terra superi la soglia di 1,5°C entro il 2026. Per alcune piante e animali potrebbe essere troppo tardi.

Il secondo aspetto del rapporto sostiene che il mondo deve affrontare questa realtà e prepararsi, perché gli attuali livelli di adattamento sarebbero inadeguati.

Rappresentazione dei cambiamenti climatici

Decine di milioni di persone rischiano di affrontare la fame cronica entro il 2050 e 130 milioni in più potrebbero sperimentare la povertà estrema entro un decennio, se si permetterà alla disuguaglianza di approfondirsi.

Nel 2050 – si legge nel rapporto – le città costiere in “prima linea” della crisi climatica vedrebbero centinaia di milioni di persone a rischio di inondazioni e mareggiate sempre più frequenti, rese più mortali dall’innalzamento dei mari.

Circa 350 milioni di persone che vivono nelle aree urbane sarebbero esposte alla scarsità d’acqua a causa di gravi siccità. La deforestazione, la siccità e gli incendi in Amazzonia potrebbero trasformare parte della foresta pluviale in una prateria. Inoltre, si prevede che i costi di adattamento per l’Africa aumenteranno di decine di miliardi di dollari all’anno con un riscaldamento superiore a due gradi, avverte il rapporto.

In terzo luogo, il rapporto delinea le soglie del punto di non ritorno nel sistema climatico, che gli scienziati hanno appena iniziato a misurare e comprendere. Ricerche recenti hanno dimostrato che il riscaldamento di due gradi Celsius potrebbe causare lo scioglimento delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartico occidentale, sollevando gli oceani di molti metri.

Uragani sulla costa atlantica degli States

Brasile orientale, Sud-est asiatico, bacino del Mediterraneo, Cina centrale e gran parte delle coste mondiali, sarebbero colpite da ondate di calore insopportabili, cicloni, incendi e inondazioni.

Ma gli impatti del riscaldamento globale sono amplificati anche da tutti gli altri modi in cui l’umanità ha infranto l’equilibrio della Terra.

Questi includono “perdita di habitat e resilienza, sfruttamento eccessivo, estrazione di acqua, inquinamento, specie non autoctone invasive e dispersione di parassiti e malattie“, afferma il rapporto.

Scenari degni di un film di fantascienza che, tuttavia, potrebbe divenire realtà. Eppure, secondo gli scienziati dell’IPCC si può fare molto per limitare questa prospettiva nefasta. Ad esempio abituarsi a diete maggiormente a base vegetale, riducendo le emissioni di biossido di carbonio legate al cibo sino al 70% entro il 2050. Ma anche ripristinare gli ecosistemi di alghe e mangrovie, fornendo habitat naturali, mezzi di sussistenza costieri e sicurezza alimentare; e piantare alberi.

Un cambiamento che operi su processi e comportamenti a tutti i livelli: individuo, comunità, imprese, istituzioni e governi.

Dobbiamo ridefinire il nostro modo di vivere e di consumare.

LE ONDATE DI CALORE

Un altro aspetto di cui si parla ampiamente nel rapporto sono le ondate di calore “killer”. Gli anni 2000, senza dubbio, hanno mostrato che la Terra viaggia verso un surriscaldamento. Se n’è parlato tanto, grazie anche alle manifestazioni globali organizzate da Greta Thunberg.

Greta Thunberg e il suo sciopero per il clima

Tuttavia, i precedenti modelli climatici suggerivano che ci sarebbe voluto quasi un altro secolo di inquinamento da carbonio per generare ondate di calore oltre il limite assoluto di tolleranza umana.
Ma le proiezioni aggiornate avvertono di ondate di caldo killer senza precedenti all’orizzonte.
L’agghiacciante rapporto del comitato consultivo di scienze del clima delle Nazioni Unite dipinge un quadro cupo e mortale per un pianeta in fase di riscaldamento.

Il già citato limite di 1.5°C di surriscaldamento comporterebbe un’esposizione a sempre più forti ondate di calore per il 14% della popolazione mondiale. E se il limite arrivasse a 2°C interesserebbe ulteriori 1,7 miliardi di persone.
Le più interessate sarebbero le megalopoli in via di sviluppo: da Karachi a Kinshasa, da Manila a Mumbai, da Lagos a Manaus.

Ma qual è il limite sopportabile per l’uomo?

Gli esperti affermano che gli adulti sani non possono sopravvivere se la temperatura di bulbo umido (TW) supera i 35 gradi Celsius, anche con una fornitura illimitata di acqua potabile.

Quando le temperature di bulbo umido sono estremamente elevate, c’è così tanta umidità nell’aria che la sudorazione diventa inefficace nel rimuovere il calore in eccesso dal corpo.
Per anziani, infermi e bambini la soglia può essere più bassa.

Migranti climatici

D’altronde è bastata un’ondata di caldo con valori di dew point a 30°C per causare la morte di 4000 persone in India e Pakistan nel 2015. Inoltre, la tremenda estate del 2003 uccise più di 50.000 persone nell’Europa occidentale.
In tutto l’emisfero settentrionale nel 2019, il secondo anno più caldo mai registrato per il pianeta, le ondate di calore hanno causato un gran numero di morti in eccesso.
La ricerca dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) riporta poco più di 300.000 decessi legati al calore in tutto il mondo nel 2019.

Secondo i ricercatori guidati da Antonio Gasparrini della London School of Hygiene & Tropical Medicine, del 37% dei decessi legati alle ondate di calore, poco più di 100.000 può essere attribuito al riscaldamento globale.
In una mezza dozzina di paesi – Brasile, Perù, Colombia, Filippine, Kuwait e Guatemala – la percentuale era del 60% o più.

La maggior parte di questi decessi è stata probabilmente causata da colpi di calore, infarti e disidratazione da forte sudorazione, e molti avrebbero potuto essere evitati.

Gli scenari peggiori previsti dalle Nazioni Unite

Recenti studi prevedono che le temperature del bulbo umido “supereranno regolarmente” i 35 gradi Celsius in alcune località nei prossimi decenni se il pianeta si riscaldasse di 2,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali.
Gli stessi studi, d’altro canto, non tengono nemmeno conto del cosiddetto effetto isola di calore urbana, che aggiunge in media 1,5 gradi Celsius durante le ondate di caldo rispetto alle aree circostanti.

Naturalmente le prime a risentirne sarebbero l’Africa sub-sahariana, anche per la chiara preparazione inadeguata nell’affrontarle, la Cina e l’Asia centrale. Tra i territori vulnerabili anche il Mediterraneo.

ECMWF Copernicus Climate Change Service via AP

Gli effetti delle ondate di calore non sono avvertiti in modo uniforme da tutti. Ad esempio, nel Nord America tutta la popolazione è dotata di aria condizionata e di infrastrutture migliori, che isolano dai valori termici estremi. Nella capitale vietnamita Hanoi, invece, si è scoperto che molte persone non usano i condizionatori d’aria nelle loro camere da letto perché i costi sono inaccessibili. Alcuni si avvolgono in lenzuola bagnate prima di andare a dormire.

Temperature più elevate hanno il potere di diffondere i vettori delle malattie, ridurre i raccolti e i valori dei nutrienti, ridurre la produttività e rendere il lavoro manuale all’aperto un’attività pericolosa per la vita.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it