Published On: Lun, Set 27th, 2021

Il Greenpass, il paradosso di Simpson e l’assicurazione sanitaria

L’argomento del mese è senza dubbio il Greenpass, in particolare l’obbligo di possedere la certificazione per poter presenziare sul posto di lavoro. Non ho voluto fare ricerche complesse, ma fare semplicemente due conti per farmi, e magari fornire, un’opinione non so quanto serena, ma possibilmente razionale.

Considerando i dati sui vaccinati per fasce d’età (fonte lab24, ilSole24Ore), si nota come gli over 80 hanno percentuali superiori al 90% (92,65% nello specifico) mentre da 60 a 79 anni le due fasce hanno percentuali poco inferiori al 90%. Bene, si dirà. Bene, ma non benissimo. In Italia le persone che hanno compiuto 60 anni sono quasi 18 milioni (fonte: ISTAT). Considerando la mortalità delle tre fasce (60-69, 70-79, over 80) di questi 18 milioni ne moriranno, nel giro di 5 anni, quasi 3 milioni (ancora dalle tabelle dei dati ISTAT, ho eseguito una mia semplice elaborazione delle tabelle demografiche).

I dati ISTAT aggiornati al 2019, essi non tengono conto della sovramortalità causata dal COVID. Considerando i dati delle persone decedute che si sono ammalate di COVID fino a febbraio abbiamo un’evidenza: 92 mila su 96 mila aveva almeno 60 anni, con tassi di letalità (ovvero probabilità di morte) che crescevano dal quasi 3% al 20% nelle tre fasce (dati del Sole24ore). La probabilità di morte complessiva è del 2,8%. Cosa significa? Se una persona, con età presa in modo casuale, si ammala di COVID ha quasi il 3% di probabilità di morire, se ha oltre settant’anni circa il 10%, se ne ha più di 80 il 20%.

Mi sia consentito di dire, dunque, che oltre i 70 anni si gioca in pratica alla roulette russa, mentre al di sotto le probabilità decrescono. Ma vorrei ancora parlare di tutti gli “over 60”. I non vaccinati che hanno compiuto 60 anni sono circa 2,1 milioni. È difficile dire quanti di essi prenderanno il COVID (un famoso epidemiologo sostiene addirittura tutti, progressivamente). Vorrei fare anche io un’ipotesi: supponiamo che se ne ammali il 50%. Ad essi dobbiamo aggiungere un 6% che si ammalerà pur essendo vaccinato, in quanto le vaccinazioni non hanno sempre successo (suppongo che con la terza dose l’efficacia del vaccino arrivi al 94%). Facendo due conti scopro che moriranno 92 mila persone over 60 non vaccinate e 90 mila persone over 60 vaccinate. Una strage, che aumenterà la mortalità delle tre fasce del 6%.

Ovviamente da povero ingegnere non ho soluzioni, figuriamoci, però vorrei dare alcune chiavi di lettura: perché ho fatto questo esercizio? Le persone sopra i 60 anni sono quasi tutte pensionate (quasi, ok?) e quelle che non sono pensionate avrebbero gli strumenti per andare in pensione, almeno molte di loro. Pensioni in buona parte retributive. Sono dunque persone che non hanno bisogno dello strumento GP per lavorare, ma che causano il 96% delle morti di COVID. Poiché queste persone non hanno di fatto bisogno del GP non c’è da sperare che le percentuali di vaccinati aumentino di molto, proprio nelle fasce che ne avrebbero bisogno. Di contro si obbligano i lavoratori a vaccinarsi, de facto. A mio personalissimo avviso vaccinarsi è importante a tutte le età; aggiungerei, ma è solo una mia suggestione, età adulte, nella fattispecie. Per alcune classi di lavoratori direi che sia anche ragionevole introdurre l’obbligatorietà, strumento già in vigore fino a ieri (i metalmeccanici devono fare l’antitetanica, ad esempio). Uno scenario come quello che ho prospettato lascerà tutti scontenti, sicuramente, scontenti e liberi di implementare le loro narrazioni. Osservate ancora il numero di morti tra vaccinati e non vaccinati è molto simile, addirittura degli over 80 saranno più morti di COVID quelli vaccinati! Si tratta, evidentemente, di ciò che in statistica è conosciuto come “paradosso di Simpson”, fenomeno che porta a trarre conclusioni su evidenze statistiche, trascurando elementi importanti. In questo caso il dato che non viene considerato è il fatto che una platea molto ampia degli ultraottantenni è vaccinata, per cui è logico che tra loro ci sia una mortalità superiore in numeri assoluti.

A causa del paradosso e di un’analisi superficiale, che viene presentata da molti per ignoranza o per opportunismo, sarà dimostrata così la teoria che vaccinarsi non serve ed anzi può essere dannoso, mentre chi si è vaccinato e si è ammalato, non morendo, si interrogherà sulla reale utilità di quelli che alcuni, con disprezzo, chiamano “siero”. Chi morirà invece non potrà rammaricarsi. Chi si sarà vaccinato, soprattutto in tarda età, avrà quantomeno contribuito a far reggere un sistema che è ancora in grado di contenere numeri enormi curando le persone che ne hanno bisogno.

Sui social si legge anche una proposta provocatoria, ma interessante, rispetto al pagamento delle cure che i non vaccinati dovrebbero sostenere in prima persona. Ritengo che sia un provvedimento, necessariamente normativo, di difficile implementazione, un po’ come l’obbligo vaccinale, che sarebbe soggetto a ricorsi e costituirebbe in ogni caso un pericoloso precedente nel welfare statale. Ma se fossi un assicuratore, come affronterei la vicenda? L’ipotesi è che un profilo no-vax, messo alle strette rispetto al costo di un possibile ricovero ospedaliero, decida non tanto di vaccinarsi (opzione gratuita) quanto di assicurarsi rispetto all’assistenza sanitaria. Quanto dovrà pagare il primo anno? Provo a fornire un approccio semplice al calcolo attuariale, ma devo introdurre anche la probabilità, per diverse fasce di età, non tanto di morire, quanto di ammalarmi gravemente e di dover ricorrere a cure ospedaliere. L’assicurazione, poi, rifonderà l’ospedale (nel mio modello che nessuno mai implementerà) sia che il paziente muoia, sia che torni a casa. Nel caso poi che il paziente rimanga invalido l’assicurazione potrebbe riconoscergli una pensione privata.

Dati Istat elaborazione Tuttaitalia

Consideriamo la piramide demografica italiana. Poiché non dispongo di tutti i dati farò delle assunzioni ragionevoli, il cui scopo è quello di capire il modo di ragionare di chi deve considerare il rischio associato ad un potenziale assicurato. Consideriamo le fasce quinquennali a partire da 20 anni, raggruppando gli over 80.

Innanzitutto qual è la probabilità di ammalarsi di COVID? Considerando una platea di non vaccinati di poco inferiore ai 10 milioni (parlando della sola popolazione adulta) ipotizzo che fino a 50 anni le persone abbiano la probabilità di avere un tampone positivo del 20% nel prossimo anno, mentre quelle over 50 del 40%. Sono un assicuratore, e devo attenermi a dati epidemiologici (che nella fattispecie non ho). Però se su 50 milioni di adulti il COVID lo hanno avuto quasi 5 milioni di persone, direi che l’ipotesi di duplicare la probabilità per i non vaccinati giovani e quadruplicarla per quelli meno giovani è cautelativa, ma abbastanza verosimile.

Ora il dato sulle possibili complicazioni io non ce l’ho, sicuramente esiste, ma è difficile reperirlo. Ho fatto un’ipotesi di crescita più che lineare della probabilità di complicazioni, che parte dal 2% della fascia 20-24 (ricapitolo: tra i 20 e i 24 anni, se non mi vaccino, ho una probabilità del 20% di ammalarmi e, se mi ammalo, del 2% di finire in ospedale) all’80% degli over 80. Rimane da capire la permanenza in ospedale ed il relativo costo. Ho ipotizzato che la permanenza media in terapia intensiva sia, per gli over 50, di 15 giorni, passati i quali gli stessi muoiono o vengono ricoverati nei reparti ordinari, e di 5 giorni per gli under 50. Si considerano poi anche dei corrispettivi giorni di ricovero per tutte le classi. Il dato è da considerarsi medio, non verificato sul campo e ragionevole: so bene che vostro zio Gaetano ha 93 anni e ha passato solo 2 giorni in terapia intensiva. Poi però va capito se il povero zio Gaetano è tornato a casa e si gode ancora la pensione, oppure avete dovuto investire qualche migliaio di Euro in pompe funebri (spazio black humor).

I conti che escono sono di una spesa sanitaria, per il prossimo anno, di quasi 90 miliardi di Euro per i soli soggetti non vaccinati. Ad essa si aggiungerà la spesa per i vaccinati che andranno anch’essi curati, si ammaleranno anch’essi ma, nel mio calcolo, non sono soggetti a premio assicurativo. I premi assicurativi per classe sono riportati nella tabella seguente: 

 

Il giochino è il seguente: controlla la tua fascia di età e guarda quanto vale per lo Stato il tuo vaccino. Il premio è comprensivo del 10% di valore per ogni pratica, ragionevole profitto per la compagnia assicurativa. Dunque, se hai 58, non ti sei vaccinato ma sei arrivato fin qui a leggere chiediti: sarei disposto a pagare 13.860 Euro annuali di premio assicurativo per evitare il vaccino (ed il greenpass)? Che strane domande possiamo arrivare a porci, non trovate? Vi lascio con una barzelletta:

Un No-Vax e un ingegnere si fermano davanti ad un ponte sopra un fiume pieno di piraha e coccodrilli.

Il No-Vax chiede all’ingegnere: “Il ponte è sicuro al 100%?”

L’ingegnere risponde: “al 99,6%”

Il No-Vax: “allora io attraverso a nuoto”.

About the Author

- ingegnere per l’ambiente ed il territorio, laureato a Trento, si è sempre occupato di progettazione idroelettrica, mercato dell’energia, idraulica ed ambiente. Ha numerose esperienze lavorative internazionali (Brasile, Africa centrale, Australia) ed una passione per la geografia e la cultura classica. Questa passione lo ha portato a laurearsi in geografia nel 2020 con una tesi sugli itinerari culturali. Velleità da periegeta e da geografo naïve non lo distolgono dal grande obiettivo di sensibilizzare le persone rispetto al tema dell’energia, della sua produzione, del risparmio ed in un’ultima analisi della strategica importanza che questa commodity riveste. Il progetto GeoMagazine lo ha convinto sin dall’inizio e, oltre che alla produzione di articoli tra scienza e contaminazioni umanistiche, a rivestire il ruolo di editore di questa pagina di comunicazione scientifica ed ambientale, con l’obiettivo di renderla un canale di informazione imparziale ed obiettivo, lontano da semplificazioni, sottintesi e qualunquismo. Un canale che si rivolge ad un pubblico variegato in termini di età e formazione, ma che si pone una regola ferrea: analizzare i problemi, suffragarli, e spiegarli in modo semplice. Lo story telling che si può invece scorgere negli articoli più leggeri vuole essere una posa di positivismo ed un’ispirazione verso mondi inesplorati, fuori e dentro di noi.