Published On: Mar, Feb 1st, 2022

Un fulmine lungo 768 Km stabilisce il nuovo record del mondo

“Riuscite a immaginare un fulmine che percorra una distanza maggiore di quella che separa Milano a Napoli?”

Esordì così il “nostro” Cristiano Mancini in un articolo redatto un anno e mezzo fa riferendosi all’evento del 31 Ottobre 2018, quando un fulmine di 709 Km solcò il cielo del Brasile.

Tuttavia, il 29 Aprile 2020 un fulmine di lunghezza maggiore, pari a 768 Km (con incertezza di 8 Km), squarciò i cieli degli Stati Uniti meridionali, registrando il nuovo record mondiale; ma si era in attesa di conferme.

La posizione dei due megaflash

Il fenomeno, certificato solo oggi dalla WMO, attraversò i cieli di Mississippi, Louisiana e Texas, una distanza pari a quella che separa Londra (Regno Unito) e la città di Amburgo (Germania).

Ma non solo: l’organizzazione mondiale della meteorologia ha anche certificato il fulmine più duraturo, avvenuto lo scorso 18 Giugno 2020 tra l’Uruguay e l’Argentina, con una durata di 17,1 secondi (incertezza di 0,002 secondi). Ossia 0,37 secondi in più rispetto al precedente record del 4 Marzo 2019 avvenuto nel nord dell’Argentina.

I MEGAFLASH

Queste scariche a mesoscala orizzontale, estremamente rare, sono state denominate “Megaflash”, e a differenza di quelle verticali nube-suolo che non superano i 12-20 Km, sono in grado di estendersi per centinaia di chilometri. Tali megaflash si sviluppano appunto nei “sistemi convettivi a mesoscala”, anche detti MCS (Mesoscale Convective System), sistemi temporaleschi molto estesi che superano i 100 km in raggio o in estensione e non è un caso che tali fulmini siano più comuni nelle Americhe.

In particolare, tali MCS si formano spesso fra il pomeriggio e la sera sugli altopiani a est delle Ande (Plateau Andino) fra gli stati del Perù, della Bolivia, del Cile e dell’Argentina, spostandosi poi verso est e assumendo dimensioni anche dell’ordine di 500 chilometri. Tali sistemi spesso si fondono fra loro e l’interazione fra i campi elettrici dei temporali può creare scariche di questa dimensione.

NUOVE TECNOLOGIE

La tecnologia utilizzata per rilevare la lunghezza e la durata dei fulmini è migliorata notevolmente negli ultimi anni, consentendo record di gran lunga superiori a quelli che una volta erano la norma. Non a caso i precedenti record “megaflash” del 2018 e del 2019, sono stati i primi verificati con la nuova tecnologia satellitare, che ha permesso di raddoppiare le misure ottenute con tecnologia terrestre. E non è escluso che in futuro non si possano osservare eventi ancor più estesi.

Gli esperti hanno evidenziato che i nuovi record sono avvenuti nelle Grandi Pianure del Nord America e nel bacino di La Plata in Sud America, noti come punti caldi per i cosiddetti temporali del sistema convettivo mesoscala (MCS).

Le aree del mondo più interessate dai fulmini

Hanno inoltre sottolineato che le scariche che hanno stabilito i nuovi record non sono stati eventi isolati, ma sono avvenuti durante temporali attivi e su larga scala, il che li ha resi ancora più pericolosi.

L’agenzia delle Nazioni Unite mantiene record globali ufficiali per una serie di statistiche meteorologiche e climatiche, tra cui temperatura, precipitazioni e vento.

Tutti questi record sono archiviati nell’Archivio WMO di Weather and Climate Extremes, ma esso attualmente comprende altri due estremi legati ai fulmini. Il primo riguarda il numero di persone uccise da un singolo fulmine, vale a dire quando 21 residenti morirono in Zimbabwe nel 1975 mentre si rannicchiavano per sicurezza in una capanna.
L’altro è per un attacco indiretto, quando 469 persone morirono a Dronka, in Egitto, a causa di un fulmine che colpì una serie di serbatoi di petrolio nel 1994.

I risultati sono stati pubblicati nel Bollettino dell’American Meteorological Society.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it