Published On: Ven, Nov 3rd, 2023

Caldo e umidità fisiologicamente intollerabili: quali aree più a rischio in futuro?

Negli ultimi decenni l’estate sta proponendo lunghi periodi di calura insopportabile. Le ricerche, infatti, dimostrano che le onde di calore sono diventate più lunghe, più intense e più frequenti nell’ultimo mezzo secolo. Le temperature hanno costantemente superato i 50°C nel subcontinente asiatico, e persino Londra ha registrato temperature di 40°C per la prima volta lo scorso anno, molto prima rispetto alle previsioni dei modelli climatici. La domanda che sorge è se questi prolungati periodi di caldo e umidità metteranno costantemente alla prova i limiti di tolleranza umana nelle aree densamente popolate in cui vive la maggior parte della popolazione mondiale. Questa sfida potrebbe giungere prima di quanto si pensi.

Un modo per affrontare la questione è utilizzare la temperatura di bulbo umido, che tiene conto sia del calore che dell’umidità e del loro impatto sul corpo umano. Essa indica la temperatura alla quale una particella d’aria si raffredderebbe facendo evaporare l’acqua nell’ambiente, simile all’effetto di raffreddamento del sudore che evapora dalla pelle.

I LIMITI UMANI

In passato, gli scienziati avevano teorizzato che una temperatura di bulbo umido di 35 gradi – equivalente a una temperatura dell’aria di 35°C con un’umidità relativa del 100% – rappresentasse la temperatura più alta a cui gli esseri umani potessero raffreddarsi senza l’ausilio di ventilatori o condizionatori d’aria. Tuttavia, test di laboratorio condotti presso la Pennsylvania State University su persone giovani, in salute e non abituate al calore hanno indicato che il limite del bulbo umido era più vicino a 31°C.

I LUOGHI PIU’ A RISCHIO

Purtroppo, molte delle regioni in cui si supera questa soglia di temperatura includono alcune delle aree più densamente popolate del mondo, come la valle del fiume Indo in India e Pakistan, l’Asia orientale, il Medio Oriente e l’Africa sub-sahariana. Queste regioni ospitano molte nazioni a basso e medio reddito con popolazioni vulnerabili che subiranno il peso maggiore dei cambiamenti climatici, nonostante abbiano contribuito relativamente poco alle loro cause.

Se riusciamo a limitare il riscaldamento globale attuale di 1,2°C rispetto ai livelli preindustriali a 1,5°C, potremmo ridurre l’intensità e la durata delle temperature al di sopra della soglia. Tuttavia, con un riscaldamento di 3°C, l’esposizione prolungata alle temperature al di sopra della soglia in queste regioni inizia ad aumentare rapidamente, e condizioni fisiologicamente intollerabili cominciano a comparire anche nelle Americhe.

Onda di calore nel Regno Unito. La regione di studio a 51,25- 54 ºN, 3,5 W-0,5 ºE

Va notato che superare occasionalmente la soglia della temperatura di bulbo umido non rende automaticamente un luogo “troppo caldo per gli esseri umani“. Ad esempio, con un riscaldamento di 2°C, Chicago potrebbe superare la soglia per una media di un’ora all’anno. Tuttavia, bisognerebbe essere esposti a queste condizioni per sei ore consecutive senza prendere precauzioni per far si che divenga un serio pericolo. D’altra parte, con lo stesso aumento di 2°C, la città di Hudaydah nello Yemen, con una popolazione di circa 700.000 abitanti, potrebbe vedere una media di 340 ore all’anno di caldo e umidità fisiologicamente intollerabili, mettendo a rischio l’intera popolazione. Questo è equivalente a 56 giorni all’anno di tali condizioni estreme, considerando incrementi di sei ore.

Altri punti caldi densamente popolati con un riscaldamento di 2°C includerebbero Aden nello Yemen, con circa 34 giorni all’anno di queste condizioni; Dammam e Jeddah in Arabia Saudita, rispettivamente con 37 e 8 giorni; Bandar Abbas e Ahvaz in Iran, con 29 e 3 giorni; Lahore in Pakistan, con 24 giorni; Dubai con 20 giorni; e Delhi e Calcutta in India, con sei e 5 giorni.

LE ATTUALI CONSEGUENZE!

Va notato che anche nell’attuale clima, il caldo estremo ha già avuto conseguenze disastrose per la salute. Ad esempio, un’ondata di caldo nel Midwest ha causato la morte di 700 persone a Chicago nel 1995. In Europa, più di 70.000 persone sono morte nell’estate del 2003, e nel 2010, 55.000 sono morte a causa del caldo in Russia. Più recentemente, circa 1.400 persone sono morte nell’Oregon, nello stato di Washington e nella Columbia Britannica durante la cupola di calore del 2021, e circa 60.000 hanno perso la vita a causa del caldo estremo in tutta l’Europa occidentale l’anno scorso.

Moltissime persone potrebbero aver perso la vita nelle ondate di calore che hanno colpito le regioni del Sud del mondo, dove la mancanza di servizi sanitari adeguati e di un’adeguata registrazione delle morti rende difficile quantificare il bilancio. Le popolazioni vulnerabili muoiono non solo a causa del colpo di calore, ma anche per complicazioni legate a malattie cardiovascolari, respiratorie e renali.

COME LIMITARE LE CONSEGUENZE?

I risultati dello studio di Daniel Vecellio, ricercatore post-dottorato presso il Virginia Climate Center della George Mason Universityindica che è fondamentale prepararsi, adattarsi e mitigare gli effetti del caldo estremo fin da ora. Durante le ondate di caldo estivo in continua crescita, possiamo prevenire le malattie legate al caldo aprendo centri di raffreddamento, monitorando le comunità vulnerabili e spostando le attività ad alto sforzo nelle ore più fresche della giornata. Inoltre, per prepararci meglio alle future ondate di caldo, dovremmo investire in misure di adattamento e mitigazione per affrontare il riscaldamento che le emissioni passate hanno già incorporato nel nostro futuro climatico.

In definitiva, solo un impegno globale per ridurre l’uso dei combustibili fossili e raggiungere la carbon neutrality il più rapidamente possibile può evitare condizioni insopportabili per miliardi di persone.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it