Published On: Ven, Mag 1st, 2020

Il Sole è meno attivo di altre stelle

Per la prima volta gli scienziati hanno confrontato il sole con centinaia di altre stelle con periodi di rotazione simili. Mentre la maggior parte di esse ha mostrato variazioni significative, il nostro Sole, per gli standard cosmici, appare molto più “monotono”. E’ il risultato di uno studio presentato dai ricercatori dell’Istituto Max Planck per la ricerca sul sistema solare nel prossimo numero di Science.

La misura in cui varia l’attività solare può essere ricostruita usando vari metodi, almeno per un certo periodo di tempo. Dal 1610, ad esempio, ci sono state registrazioni affidabili di macchie solari sulla fotosfera, ma è possibile anche arrivarci attraverso la distribuzione di varietà radioattive di carbonio e berillio negli anelli di accrescimento degli alberi e nelle carote di ghiaccio, che consentono di ricostruire il livello di attività degli ultimi 9000 anni.
Per questo periodo di tempo, gli scienziati hanno riscontrato fluttuazioni ricorrenti periodiche di forza comparabile agli ultimi decenni.

“Tuttavia, rispetto all’intera durata della vita del Sole, 9000 anni sono come un battito di ciglia“, afferma lo scienziato MPS Dr. Timo Reinhold, primo autore del nuovo studio. Dopotutto, la nostra stella ha quasi 4,6 miliardi di anni. “È ipotizzabile che il Sole abbia attraversato una fase di quiete per migliaia di anni e che quindi abbiamo un’immagine distorta della nostra stella“, aggiunge.

Poiché non c’è modo di scoprire quanto fosse attivo il Sole nei tempi primordiali, gli scienziati possono solo ricorrere alle stelle: insieme ai colleghi dell’Università del Nuovo Galles del Sud in Australia e alla School of Space Research in Corea del Sud, i ricercatori hanno selezionato altri soli in base alla temperatura superficiale, all’età, alla proporzione di elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio, e al periodo di rotazine. “La velocità con cui una stella ruota attorno al proprio asse è una variabile cruciale“, spiega il Prof. Dr. Sami Solanki, direttore di MPS e coautore della nuova pubblicazione. La rotazione di una stella contribuisce alla creazione del suo campo magnetico in un processo di dinamo al suo interno. “Il campo magnetico è la forza trainante responsabile di tutte le fluttuazioni dell’attività“, afferma Solanki. Lo stato del campo magnetico determina la frequenza con cui il Sole emette radiazioni energetiche e scaglia particelle ad alta velocità nello spazio in eruzioni violente, e quindi anche la luminosità stessa del Sole.

Un catalogo completo contenente i periodi di rotazione di migliaia di stelle è stato disponibile solo negli ultimi anni. Esso si basa sui dati di misurazione del Kepler Space Telescope della NASA, che ha registrato le fluttuazioni di luminosità di circa 150.000 stelle della sequenza principale dal 2009 al 2013. I ricercatori sono stati in grado di restringere ulteriormente questo campione utilizzando i dati del telescopio spaziale europeo Gaia. Alla fine, sono rimaste 369 stelle, che assomigliano anche al Sole in altre proprietà fondamentali.

L’esatta analisi delle variazioni di luminosità di queste stelle dal 2009 al 2013 rivela un quadro chiaro. Mentre tra fasi attive e inattive l’irraggiamento solare oscillava in media dello 0,07%, le altre stelle mostravano variazioni molto maggiori, in genere circa cinque volte più forti. “Siamo rimasti molto sorpresi dal fatto che la maggior parte delle stelle simili al Sole siano molto più attive“, afferma il Dr. Alexander Shapiro di MPS, a capo del gruppo di ricerca “Collegamento di variabili solari e stellari”.

Non vi è tuttavia motivo di preoccupazione. Per il prossimo futuro, non vi è alcuna indicazione di una “iperattività” solare. Al contrario: nell’ultimo decennio, il Sole si è mostrato piuttosto debole e le previsioni del ciclo di Schwabe non sembrano indicare cambi di passo della nostra stella.

Bibliografia: T. Reinhold el al., “The Sun is less active than other solar-like stars

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it