Published On: Mer, Mag 6th, 2020

Le piramidi egizie e il trasporto dei blocchi di pietra

E’ uno dei più grandi e affascinanti misteri dell’umanità. Gli egittologi si dibattono da sempre sulle possibili tecniche utilizzate da uomini intelligenti ma con tecniche costruttive molto approssimative. Eppure, la precisione di tali costruzioni è a dir poco sbalorditiva. A tal punto da scomodare maledizioni, teorie ufologiche o religiose.

Opere di ingegneria di livello elevatissimo costruite quasi cinquemila anni fa, le Piramidi d’Egitto nel grande pubblico vengono riassunte in quelle della Piana di Giza, anche se in realtà ne furono costruite molte altre appartenenti a diverse dinastie. Secondo gli studi più autorevoli gli egizi trasportavano pesantissimi blocchi di pietra attraverso la sabbia bagnata. I grandi blocchi venivano estratti da una vicina miniera e, dopo il trasporto, venivano posizionati con l’ausilio di rampe sulle piramidi.

L’interazione tra l’acqua e la sabbia (capillarità) aumenta il modulo di scorrimento della sabbia e ne facilita lo scorrimento. Tuttavia, affinché tale pratica andasse a buon fine, era necessaria una dose di acqua accurata; né troppa, né troppo poca. Una sabbia troppo bagnata con un modulo di scorrimento troppo diminuito, avrebbe aumentato il coefficiente di frizione. Al contrario, la sabbia asciutta, a fronte del traino dei pesi, non solo provoca attrito, ma si accumula davanti al mezzo.

Quindi gli egiziani, secondo le analisi più accreditate, ponevano i blocchi di pietra e le statue su slitte che venivano trainate dagli schiavi. E, come dimostrerebbe anche un’opera a geroglifici rinvenuta sul muro della tomba di Djehutihotep, vissuto intorno al 1850 avanti Cristo, dal davanti di queste slitte inumidivano la sabbia appena prima del passaggio del peso versando dell’acqua. I misteri delle piramidi, tuttavia, continuano ad esistere. Non c’è ancora alcuna spiegazione, ad esempio, sui motivi della scelta dei siti per edificarle, spesso a notevole distanza l’una dall’altra. Sta di fatto che, con estrema probabilità, sappiamo come furono erette.

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- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it