Published On: Mar, Giu 23rd, 2020

Un giovane esopianeta per comprendere la migrazione dei “gioviani caldi”

Tra i pianeti più intriganti oltre il nostro sistema solare c’è una classe di esopianeti che prende il nome di “gioviani caldi“. Di dimensioni simili a Giove, questi pianeti dominati dal gas orbitano estremamente vicini alle loro stelle, tanto da percorrere un giro completo intorno ad esse in circa 18 ore. Gli astronomi si sono sempre chiesti se tali corpi abbiano origine nella posizione in cui li vediamo o se migrano solo successivamente; e inoltre, qualora la seconda opzione fosse quella valida, cosa rivelerebbe sulla storia dei pianeti del nostro sistema solare?

Per rispondere a queste domande, gli scienziati dovranno osservare molti di questi giganti gassosi. Ora, un nuovo studio pubblicato su Astronomical Journal, riporta il rilevamento dell’esopianeta HIP 67522 b che sembra essere il più giovane gioviano caldo mai trovato. Esso orbita attorno a una stella che ha 17 milioni di anni, il che significa che si tratta di un gioviano caldo molto più giovane tra quelli conosciuti.
Il pianeta impiega circa sette giorni per orbitare attorno alla sua stella, che ha una massa simile a quella del Sole. Situato a circa 490 anni luce dalla Terra, HIP 67522 b è circa 10 volte il diametro della Terra. Le sue dimensioni indicano che si tratta di un pianeta dominato dai gas.

HIP 67522 b è stato identificato dal Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS) della NASA, che rileva i pianeti tramite la tecnica del transito. La scoperta offre la speranza di trovare altri giovani pianeti di questo genere e di imparare come essi si formino in tutto l’universo.

Ci sono tre ipotesi principali su come i gioviani caldi si avvicinino così tanto alle loro stelle madri. La prima, la più semplice, prevede la formazione nel punto in cui già si trovano. Ma è difficile ipotizzare che essi si formino in un ambiente così ostile. Non solo le alte temperature vaporizzerebbero la maggior parte dei materiali, ma le espulsioni di massa coronale e i venti stellari disperderebbero eventuali pianeti emergenti.

Sembra più probabile che i giganti gassosi si sviluppino più lontano dalla loro stella, oltre un confine chiamato Frost Line, un’area abbastanza fredda da formare ghiaccio e altri materiali solidi. I pianeti simili a Giove sono composti quasi interamente di gas, ma contengono nuclei solidi. Sarebbe più facile per quei nuclei superare la Frost Line, dove i materiali congelati potrebbero aderire come una palla di neve in crescita.

Ma allora perché i pianeti migrerebbero verso la stella?

Un’idea ipotizza che i gioviani caldi inizino il loro viaggio all’inizio della storia del sistema planetario mentre la stella è ancora circondata dal disco di gas e polveri da cui si sono formati. In questo scenario, la gravità del disco che interagisce con la massa del pianeta potrebbe interrompere l’orbita del gigante gassoso e indurlo a migrare verso l’interno.

La terza ipotesi sostiene che i gioviani caldi si avvicinino alla loro stella solo successivamente, quando la gravità di altri pianeti attorno alla stella può guidare la migrazione. Il fatto che HIP 67522 b sia già così vicino alla sua stella dopo la sua formazione indica che questa terza ipotesi probabilmente non è applicabile. Ma un singolo caso non può stravolgere eventuali ipotesi.

Gli scienziati vorrebbero sapere se esiste un meccanismo dominante che forma la maggior parte dei gioviani caldi“, ha detto Yasuhiro Hasegawa, un astrofisico specializzato nella formazione di pianeti presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA che non era coinvolto nello studio. “Nella comunità in questo momento non c’è un chiaro consenso su quale ipotesi di formazione sia più accreditata per riprodurre la popolazione che abbiamo osservato. La scoperta di questo giovane pianeta è eccitante, ma è solo un suggerimento. Per risolvere il mistero avremo bisogno di più tempo“, conclude il ricercatore.

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- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it