Published On: Dom, Gen 15th, 2023

Fatti mandare dalla mamma a prendere…la carne in laboratorio

La canzone di Morandi non faceva proprio così, ma questo potrebbe essere il titolo di una canzone di nuova generazione.

Fino a poco tempo fa l’idea di portare in tavola carne coltivata in laboratorio sembrava poco allettante e fantascientifica. Il titolo è volutamente provocatorio, ma questa potrebbe essere la nuova realtà per tutti gli amanti della carne. In particolare, ad oggi, molte aziende sono impiegate nello studio di come riprodurre carne animale in vitro (in laboratorio), partendo da cellule staminali di origine animale. Leggiamo l’articolo e scopriamo insieme di cosa si tratta.

La lab-grown meat (carne coltivata in laboratorio) non è più una utopia, ma qualcosa di reale e che già in alcuni paesi è realtà. Infatti, ormai sono diversi i ristoranti al mondo che hanno introdotto la carne in vitro tra i loro succulenti piatti e, dando un’occhiata al loro menù, ce ne è per tutti i gusti. Chi l’ha provata è sicuro di non percepire alcuna differenza tra la carne proveniente da allevamenti e quella riprodotta in laboratorio, mentre gli scettici sottolineano come sia impossibile riprodurre il gusto della carne in laboratorio.

USA, carne realizzata in laboratorio (Credit Kodami)

Com’è possibile però creare carne in vitro con simil sapore e consistenza? La ragione c’è ed è grazie alle cellule staminali. Prima infatti di capire come viene coltivata questa carne bisogna chiarire cosa sono le cellule staminali e perché giocano un ruolo chiave in questo processo di produzione. L’uomo, come gli animali di cui si ciba, posseggono nei loro tessuti (muscoli, pelle, ecc…) delle cellule che sono adibite alla ricostruzione del tessuto in caso di necessità. Quest’ultime si chiamano cellule staminali e sono caratterizzate da una grande potenza proliferativa e con la capacità di trasformarsi in cellule “più specializzate” (sotto determinati stimoli). Potremmo definirle cellule con un destino variabile in base alle necessità del tessuto stesso in cui risiedono. Una volta però specializzate, queste non saranno più staminali e il loro destino sarà quello di ricostruire un tessuto che abbia le stesse caratteristiche di quello danneggiato in precedenza. Il ruolo della staminali è molto facile da capire se si pensa a quando ci tagliamo con un coltello. La pelle nei suoi strati possiede cellule staminali che sono pronte ad andare a riparare il danno esclusivamente quando le cellule della pelle circostante al taglio, rilasciano determinati segnali. In questo caso un tessuto danneggiato viene riparato proprio grazie alla presenza di queste cellule.

Come abbiamo detto in precedenza, queste cellule sono presenti anche negli animali. L’idea di coltivare la carne in vitro nasce dalle potenzialità di queste cellule pluripotenti. Il processo che prevede la coltivazione di carne in laboratorio è basata proprio sulle conoscenze scientifiche della medicina rigenerativa e sulle staminali. Infatti il Prof. Mark Post dell’Università di Maastricht era impegnato nello studio della riparazione del tessuto cardiaco umano quando coltivò il primo hamburger al mondo nel 2013.

Prelevando una piccola quantità di cellule staminali da un animale e messe in determinate condizioni di crescita in cui non manchino nutrienti e temperatura costante, è possibile permettere alle cellule staminali di crescere e di diventare il tessuto che noi vogliamo, esclusivamente cambiando i nutrienti e gli stimoli che gli diamo. Così facendo, dopo poco tempo, è possibile avere un pezzo di carne in provetta, con caratteristiche del tutto simili alla carne dell’animale da cui le cellule sono state estratte. In questo caso quindi la carne in vitro avrà la fibra muscolare, grasso e vasi sanguigni.

Quali sarebbero allora i vantaggi e gli svantaggi di produrre la carne in laboratorio?

Tra i vantaggi sicuramente dobbiamo elencare il ridotto impatto ambientale che questa produzione ha rispetto all’impatto degli allevamenti intensivi, una delle principali cause di inquinamento. Inoltre coltivando la carne in laboratorio questa è drasticamente meno esposta a parassiti, virus, funghi e batteri. Questo ridurrebbe anche l’uso di farmaci veterinari o di sostanze chimiche implicate nella preparazione di foraggio e di cibo per animali in generale. Sul piano etico questo metodo di produzione di carne animale da cellule staminali risulta imbattibile dal momento che non è necessario abbattere l’animale per ottenere alcune cellule. Quindi anche i vegetariani potrebbero apprezzare.

Ovviamente ci sono anche degli svantaggi, primo fra tutti il prezzo. Infatti la carne in vitro costerebbe sicuramente di più. Inoltre per crescere in laboratorio, la carne deve essere sottoposta a stimoli, anche ormonali e questo potrebbe incidere sulla salute delle persone che ne consumerebbero in grandi quantità. Ultimo svantaggio, ma il meno preoccupante, è che la carne in laboratorio non contiene ossa e questo potrebbe essere un problema se dovessimo desiderare delle costine di maiale o le cosce di pollo.

Favorevoli o contrari questo nuovo modo di produrre carne non riguarderebbe solo la carne in sé ma anche tutti i derivati animali.

Tra questi, possiamo elencare il latte, il gelato o il formaggio da laboratorio, già presenti nei supermercati americani che invece di essere prodotti dal bestiame, è prodotto da un fungo geneticamente programmato per creare proteine del siero del latte di mucca ed in più è senza lattosio. Inoltre la fermentazione di precisione viene utilizzata da alcune aziende per produrre l’albume, per non parlare del tonno rosso derivante da cellule staminali di tonno.

Dal punto di vista nutrizionale i ricercatori stanno lavorando per ottenere carne con meno grassi saturi e colesterolo e più vitamine o grassi sani. La novità potrebbe essere che i consumatori potrebbero personalizzare il profilo nutrizionale nei loro prodotti per soddisfare le loro esigenze dietetiche. Sembra fantascienza ed invece è già futuro prossimo.

Fonti Consultate 

About the Author

- Ricercatrice biomedica presso un centro di ricerca di Cambridge (UK) si occupa di ricerca in campo oncologico. Laureata in Biotecnologie all’Università di Torino e dottorato di ricerca all’Università di Udine, si occupa anche di divulgazione scientifica e social media.