Published On: Sab, Dic 30th, 2023

La casetta di legno di Cesare e Maximilian

La famiglia Berghaus, originaria di Vienna, abitava a Roma da diversi anni e si era trasferita agli inizi dell’anno 1880. Il padre, Franz, era un diplomatico e curava i rapporti fra lo Stato Pontificio e il Regno d’Austria-Ungheria. In quel periodo l’Austria, dopo le rivoluzioni che avevano scosso l’Europa nell’800, era rimasta il paese più vicino al Papa e al mondo cattolico e per questo i rapporti erano molto stretti. In quegli anni il clima in Italia era teso ed era teso anche con quello con la vicina Austria. Dopo le guerre che avevano visto i due paesi scontrarsi per diverse volte nel corso dei decenni precedenti, il conto fra i due paesi era ancora aperto. Anche fra Italia e quello che restava dello Stato Pontificio le cose non andavano benissimo. Dunque si viveva in un clima diplomatico molto particolare in quel periodo e il compito per il diplomatico austriaco non era per nulla facile.

Franz, trasferitosi con tutta la famiglia da Vienna per quell’importante incarico, era stato nominato per volontà diretta dell’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe. Con se aveva portato la moglie Sofia e i due figli Elizabeth e Maximilian. Maximilian aveva circa 5 anni, mentre la sorella 7. La famiglia Berghaus era molto stimata alla corte d’Austria e per questo era stata mandata in Italia per questo importante incarico. Franz e Sofia poi conoscevano bene l’imperatore Francesco Giuseppe, ma anche la consorte Elisabeth, nota a tutti come la principessa Sissi.

La famiglia austriaca si era sistemata in una palazzina non lontano da Castel Sant’Angelo e vivevano la loro vita nella nascente capitale del Regno d’Italia. Certo non era facilissimo essere austriaci a fine ‘800 in Italia perchè vi erano Trento e Trieste, due terre irredenti, ancora sotto dominio austriaco. Nonostante questo la famiglia Berghaus aveva saputo farsi apprezzare e si era inserita bene nel tessuto capitolino.

Il padre Franz era un grande amante della montagna e così d’estate portava tutta la famiglia in Tirolo che allora era una delle province del Regno d’Austria – Ungheria. All’interno del Tirolo c’era anche il Trentino e i Berghaus avevano trovato sistemazione estiva in una bella baita nelle montagne vicino Trento. Franz aveva scelto il Tirolo per due motivi, il primo perché ritornava in patria e il secondo perché spesso la principessa Sissi trascorreva anche lei le vacanze estive nella vicina Merano con parte della sua corte e quindi era l’occasione per portare avanti il lavoro da diplomatico per cui era stato incaricato. 

Al piccolo Maximilian piaceva molto la montagna e stare all’aria aperta. Faceva lunghe passeggiate con la madre Sofia e la sorella Elizabeth nei boschi vicino Trento ed era un ragazzo molto curioso e intraprendente. In questo borghetto in montagna vi erano altre case di vacanza di altri notabili e fra questi trascorreva la villeggiatura estiva la famiglia Battisti. Questa famiglia di Trento era figlia della borghesia rampante della città trentina ed erano degli importanti commercianti della città. Avevano otto figli e fra questi Cesare che era coetaneo di Maximilian. I due ragazzini iniziarono a giocare insieme e nonostante le profonde differenze famigliari, si instaurò una bella amicizia sincera. Le due famiglie mantenevano rapporti cordiali, seppur di idee politiche molto diverse e lasciavano che l’innocenza dei bambini non fosse intaccata dalla politica. Ovviamente i Berghaus erano l’emblema del dominio austriaco in Trentino, mentre i Battisti, seppur segretamente, erano dei ferventi sostenitori dell’irredentismo italiano.

Maximilian e Cesare passarono tutte le estati della loro infanzia insieme e ogni anno attendevano sempre con ansia di rivedersi per andare a giocare nei boschi ai piedi del Monte Bondone. Avevano trovato un luogo molto nascosto in una radura in mezzo al bosco e qui lo avevano istituito a loro campo base. Giocavano come tutti ingenuamente alla guerra, ma sognavano di costruire una piccola casetta in legno in quel luogo. Non rivelarono mai quel posto a nessuno e spesso i genitori si lamentavano dei due ragazzini che si perdevano pomeriggi interi prima di ritornare a casa. 

Durante l’inverno i due ragazzini si scrivevano delle lettere ricordando le belle avventure estive fra i boschi e in una fecero promessa solenne che quel luogo, per loro magico, non sarebbe stato mai rivelato a nessuno e si giurarono eterna fedeltà a quella amicizia. Era un patto solenne, ma loro non sapevo che sarebbe stato un patto fra persone le cui strade si sarebbero scontrate.

Nell’estate del 1890, ormai quindicenni, Cesare e Maximilian decisero di costruire con le proprie forze la piccola casetta in legno che sognavano negli inverni di città. Fecero tutto di nascosto. Per rendere più agevole il lavoro, che era una impresa, avevano convinto un piccolo contadino a prestargli un asinello per il trasporto dei materiali. In cambio se l’erano cavata con alcuni dolci austriaci, presi da casa, che il contadino non poteva permettersi. Quelle vacanze estive in montagna fin da piccoli avevano forgiato i due ragazzini e fu davvero incredibile come riuscirono a realizzare nei due mesi estivi la loro piccola base. Avevano mantenuto la loro promessa, seppur iniziavano a sentirsi le differenze di veduta fra i due adolescenti che sulla carta erano entrambe austriaci, ma ormai l’innocenza infantile era influenzata dai discorsi che sentivano in famiglia. 

Quell’estate fu però anche l’ultima villeggiatura in cui si incontrarono. I due ragazzi iniziarono gli studi superiori, erano entrambi brillanti e le famiglie avevano per entrambe progetti importanti. Maximilian iniziò gli studi a Roma e Cesare a Trento. Nello stesso anno Cesare perse il padre e quindi si dovette assumere maggiore responsabilità, non era più tempo di villeggiature estive. La famiglia Berghaus invece, essendo le frequentazioni sempre più rare di Sissi a Merano, decise durante le vacanze estive di rientrare a Vienna. All’inizio i due ragazzini si continuavano a scrivere, sempre con grande affetto, ma via via gli interessi diversi e l’incontro di nuovi amici e dei primi amori, fece lentamente scemare la corrispondenza fra i due. 

Cesare maturava sempre di più le sue idee irredentiste e frequentava segretamente molti italiani, ed era spesso in Italia, a Brescia, dove c’era un forte nucleo di rivoluzionari. Maturava in lui sempre di più quel senso anti-austriaco e quell’amico di infanzia iniziava a rappresentare un ricordo sbiadito di un Cesare che non esisteva più, anzi quasi un peso. Nonostante questo, per volere della madre, andò a studiare nel suo paese e cioè a Graz in Austria.

Maximilian invece si stava sempre più formando secondo il più rigido cursus studiorum austriaco. Dopo le scuole superiori a Roma, che gli avevano permesso di conoscere al meglio la lingua e la cultura italiana, seppur in una scuola internazionale, fu mandato all’Università in Austria a Graz e anche la famiglia rientrò definitivamente nella terra d’origine. Il caso volle che entrambe i ragazzi finirono nella stessa università. Ovviamente erano così tanti gli studenti che uno non seppe dell’altro. Accadde però un giorno che sul giornale locale Maximilian lesse che tale studente, Cesare Battisti, era stato accusato di associazionismo sovversivo. Maximilian non aveva dubbi chi fosse e così cercò in tutti i modi di ritrovare il suo vecchio amico di infanzia. 

Maximilian riuscì così a rintracciare Cesare, ma l’incontro non andò molto bene. Sembrava che tutto il passato fosse stato cancellato. I due, in un primo momento furono felicissimi di rivedersi, anche se erano cambiati anche fisionomicamente, ma dopo pochi minuti di discussioni vennero fuori le grandi divergenza fra i due. Tolta la gioia iniziale di un viso caro in un momento difficile per Cesare, Maximilian incarnava il potere asburgico sulla restante parte d’Italia irredente. Maximilian cercava di dissuaderlo da questi incontri sovversivi che non lo avrebbero portato lontano, ma Cesare lo accusò di essere come tutti gli altri e di non capire i suoi ideali. Dopo quell’incontro burrascoso i due si persero di vista.

Maximilian concluse i suoi studi e fu arruolato nell’accademia militare per iniziare una sfolgorante carriera nell’esercito. Cesare da Graz si trasferì definitivamente in Italia perchè ormai in Austria non era più persona gradita. Nel frattempo le pressioni fra i due paesi aumentavano, nonostante sulla carta Austria e Italia fossero alleate nella triplice Alleanza con la Germania. Le spinte irredenti nel Trentino e a Trieste erano sempre più forti. Nei due paesi pullulava così di agenti segreti al soldo di entrambe i governi. Cesare tornato in contatto in Italia con i movimenti irredentisti divenne uno 007. Conosceva bene il tedesco, era cittadino austriaco e poteva raccogliere informazioni preziose per l’intelligence italiana. 

Nell’estate del 1914, Maximilian, era ormai nel frattempo diventato un giovane stimato militare dell’esercito austriaco. L’aria in Europa era molto tesa, dai Balcani al Mediterraneo e la goccia che fece traboccare il vaso fu l’attentato dell’Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo. L’Europa non sarebbe più stata uguale. La mobilitazione in Austria fu immediata e Maximilian venne chiamato in prima linea. Scoppiò così la prima guerra mondiale. Cesare, essendo anche lui cittadino austriaco, disertò la chiamata alle armi e si stabilì così in Italia per continuare il suo lavoro di intelligence. Il Governo italiano non sapeva da che parte stare, con l’alleato austriaco come da alleanza o sfruttare l’occasione per prendersi le terre irredenti? Nel frattempo si era dichiarata neutrale. Cesare sperava ovviamente che l’Italia cogliesse invece l’opportunità per unificare il resto del Paese. Per lui ormai tornare a Trento era troppo pericoloso perché era diventato un renitente alla leva.

L’Italia, nel maggio del 1915, dopo l’accordo segreto con Francia e Gran Bretagna decise di scendere in guerra contro l’Austria. Cesare, era al settimo cielo e capì che era l’occasione della vita per mettere a frutto i suoi ideali e si arruolò negli Alpini volontari. I campi di guerra sarebbero stati proprio vicino a casa sua e quale persona migliore per supportare l’esercito italiano? Cesare mantenne questo ruolo di militare/007 e nel caos della linea di guerra riuscì a rientrare in Trentino per capire cosa accadeva dietro la trincea e dare informazioni all’esercito italiano. Maximilian con l’apertura del fronte italiano venne invece mandato ad operare su quella nuova linea di guerra. Conosceva bene l’italiano e l’Italia era anche lui la persona migliore per operare su quel nuovo fronte. 

Cesare dovette vivere di nascosto, sotto falso nome, operando in territorio nemico e passando le sue giornate fra i monti cercando di raccogliere informazioni e binocolando le retrovie austriache. Maximilian fu mandato invece come base a Trento per coordinare le forze di intelligence sul campo. Un giorno ricevette da Vienna un elenco dei massimi ricercati austriaci e traditori della patria. Scorrendo l’elenco dei nomi, Maximilian, lesse “Cesare Battisti” e scoppiò la rabbia dentro di lui. Cesare non l’aveva ascoltato ed era ora uno dei nemici numero uno dell’Impero Asburgico. Maximilian era molto deluso di quell’amicizia fraterna che però oggi era diventata odio contrapposto. Inoltre i due ignoravano che fossero cosi lontani, ma molto vicini. 

Cesare non sapeva della presenza a Trento di Maximilian e continuava a darsi alla macchia. La guerra proseguiva molto lentamente e i due eserciti erano sempre più esausti in una guerra che stava logorando i nervi. L’esercito austriaco diventava sempre più intollerante ai tradimenti e i traditori venivano processati e fucilati per direttissima. Cesare sapeva sempre di più quello che rischiava. Nel novembre del 1917, l’Italia, dopo la pesante sconfitta di Caporetto, sembrava ormai spacciata alla soverchiante forza austriaca. Molti soldati italiani erano allo sbando e le comunicazioni con l’intelligence nelle retrovie nemiche si stavano diradando. Cesare era rimasto isolato nei boschi dove giocava da piccolo. Gli venne in mente di quella casetta costruita con l’amichetto di infanzia, nessuno conosceva quel luogo e di certo Cesare non pensava minimamente che Maximilian fosse proprio lì a pochi chilometri con l’intento di catturarlo.

Cesare da giorni non riceveva più informazioni dalle sue vedette e pensava che era il momento di rifiatare un attimo in attesa di capire come evolvesse la situazione. L’alpino era stanco e isolato, ma sapeva che in quel luogo difficilmente qualcuno sarebbe andato a cercarlo. Maximilian invece continuava il suo lavoro di intelligence sul campo e sembrava che la situazione si stava mettendo bene per l’Austria. Così un giorno durante una perlustrazione nei boschi vicino al Monte Bondone, a poca distanza dalla trincea, rivide anche lui quei luoghi famigliari della sua infanzia. Il gruppo di militari austriaci aveva trovato base in una caserma vicino alla linea di trincea, ma Maximilian di buon mattino decise di allontanarsi dai commilitoni. Voleva andare a vedere se c’era ancora quel luogo magico di tante estati felici.

Dopo circa due ore di cammino nel bosco si aprì la radura e non sembrava credere ai suoi occhi nel rivedere ancora lì la casa di legno e che tutto fosse rimasto come allora. Lo pervase quel senso di tornare bambino, ma anche quel tradimento dell’amico Cesare. Si avvicinò così guardingo, ma allo stesso tempo curioso, a quella casetta. Va bene i sentimenti, ma si era in guerra e nel dubbio tirò fuori dalla fondina una pistola. Poteva esserci nascosto chiunque lì. Maximilian tirò un calcio alla porta e con stupore trovò un ragazzo con un cappello da alpino seduto su un tavolino. Il ragazzo stava redigendo un diario di guerra. In un attimo i cuori dei due ragazzi iniziarono a battere forte, mentre gli occhi si incrociarono e si riconobbero all’istante.

Cesare si alzò di botto e Maximilian gli puntò la pistola addosso e disse in italiano “Alpino Cesare Battisti, Lei è accusato di alto tradimento dell’Impero Austriaco e in nome dell’imperatore Carlo I ho l’ordine di arrestarla”. Cesare capì che era la fine, ma non mosse ciglio. Era il rischio che sapeva di correre e che sarebbe potuto accadere, certa mai avrebbe pensato che l’amico di tanti giochi sarebbe stato il suo aguzzino. Maximilian, che era un forte soldato, in quel momento tremava e gli passarono davanti tutti quei momenti felici con l’amico Cesare. Si ricordò che ancor prima di aver giurato fedeltà all’Impero Austriaco, si era giurato eterna amicizia con la persona alla quale ora stava puntando una pistola.

Gettò così la pistola a terra e disse “avrei l’ordine di arrestarLa, ma in nome della nostra solenne e vecchia amicizia, quando giocavamo qui felici, non posso farti questo seppur in questo momento sto tradendo anche io il mio paese”. I due soldati iniziarono a commuoversi e si guardarono negli occhi e si strinsero in un lungo e silenzioso abbraccio. I due compresero che quella commossa tregua era temporanea e ognuno, però, doveva tornare ai propri compiti e a non disonorare le proprie cause, ma sapevano dentro di loro che avevano onorato il sentimento più grande che era la loro amicizia. 

Maximilian tornò dai suoi commilitoni dicendo che aveva esplorato la zona e che non c’era nulla di sospetto, Cesare capì in quel momento che doveva rientrare dietro le linee italiane perchè non avrebbe più trovato un altro Maximilian che gli avrebbe salvato la vita. I suoi ideali poteva perseguirli solo da vivo e scappò così dalla casetta e rientrò dietro le linee italiane a fornire lì supporto.

Le sorti della guerra si ribaltarono in poco tempo in favore dell’Italia che vinse la guerra. Dopo Caporetto e dal Piave partì la controffensiva che permise all’Italia di chiudere la partita, anche perchè l’Austria era accerchiata ed esausta. L’Impero austroungarico perdette così i suoi territori italiani dopo 600 anni di dominio. Cesare era felice che finalmente il suo Trentino era diventato Italia, così come Trieste. Venne pure insignito di medaglie al valor militare, seppur c’era qualcosa che non gli permetteva di gioire a pieno. Maximilian, nel frattempo, era rientrato a Vienna e come gran parte dei soldati austriaci venne congedato. Gli Asburgo sparivano per sempre e così l’impero. L’Austria andava rifondata e Maximilian doveva riprendere in mano la sua vita, seppur aveva sempre in mente la scena della casetta. Entrambe i ragazzi però sapevano che quella lunga guerra aveva lasciato qualcosa di inconcluso. Sapevano che quell’incontro che avevano fatto alla casetta li aveva avvicinati, nonostante le fazioni opposte, ma come potevano ritrovarsi? I contatti si erano persi totalmente e in quei primi tempi permanevano i ferri corti fra i due paesi.

Di nuovo però il destino giocò le sue carte. Molti anni dopo, sempre d’estate, Cesare in vacanza con la sua famiglia decise di andare a rendere omaggio alle vittime della guerra in un sacrario sulle montagne vicino Trento. Cesare però non andò subito dal lato del cimitero italiano, ma bensì in quello austriaco. Voleva leggersi il nome di tutti i caduti con la speranza di non leggere Maximilian Berghaus. Quel giorno anche Maximilian, in vacanza in Italia, per mostrare ai suoi figli i luoghi della guerra fece visita al sacrario. Maximilian, lasciata un attimo la famiglia indietro, andò anche lui subito dal lato italiano con la speranza di non leggere Cesare Battisti. Entrambe non trovarono il nome del proprio amico e questo li rassicurò che il proprio amico non era perito in guerra, certo vederlo dal vivo avrebbe dato la certezza. Cesare stava lasciando il sacrario quando sentii una voce di donna chiamare in tedesco “Maximilian?!? Wo bist du?”. La moglie stava cercando il marito perché non lo trovava più. Cesare si girò di scatto a sentire quel nome e vide il suo amico al centro del sacrario. Si guardarono per lunghi secondi e poi corsero increduli ad abbracciarsi. L’abbraccio fu silenzioso e anche questa volta lungo. Le rispettive famiglie si avvicinarono ai due rimanendo in silenzio a distanza e capendo che qualcosa di importante stava accadendo. Dietro di loro le due bandiere, quella italiana e quella austriaca, con il vento si erano intrecciate fra di loro e, seppur di colori diversi, erano un tutt’uno come la loro lunga e incredibile amicizia. 

G.Cutano

Il racconto storico è liberamente romanzato e ispirato dalla storia di Cesare Battisti senza nessuna pretese di seguire la rigorosità storica dei fatti. Lo scopo è quella di dare un messaggio di unione in un periodo storico di recrudescenza delle guerre e al contempo stesso dell’oblio di questi personaggi che hanno segnato il nostro ‘900. Ci scusiamo fin d’ora se qualcuno ritenesse oltraggioso questo pezzo, ma di certo non era quello lo scopo.

 

About the Author

- Ingegnere Ambientale, laureato presso il Politecnico di Torino, si è specializzato in difesa del suolo. Oggi si occupa di progettazione di impianti ad energia rinnovabile e di sviluppo sostenibile della montagna, con focus sulla mobilità elettrica. Volontario di Protezione Civile, ama la natura, ma anche i social media e la fotografia. Per compensare la formazione scientifica coltiva lo studio della storia e delle scienze politiche. * Contatti: giuseppe.cutano@geomagazine.it * * IG: @latitude_45