Published On: Mar, Set 15th, 2020

Venere, Marte ed Europa: i candidati per la ricerca della vita nel sistema solare

Marte è senza dubbio il pianeta che ha affascinato maggiormente scrittori e registi. La sua relativa vicinanza alla Terra e le sue condizioni ambientali sostanzialmente simili al nostro pianeta, hanno permesso di sognare civiltà extraterrestri. Fino a pochi decenni fa si pensava infatti che Marte potesse ospitare la vita; di qui l’utilizzo frequente del termine “marziani”, divenuto oggi di uso comune per indicare ipotetiche civiltà non appartenenti alla Terra. Fu soltanto nel 1976 che le missioni Viking, pur lasciando numerosi interrogativi, smentirono tale ipotesi.

Famose sono le osservazioni di Schiaparelli che descrisse il pianeta come un mondo solcato da innumerevoli canali, che Percival Lowell identificò come strutture artificiali costruite ad hoc da civiltà aliene, al fine di trasportare l’acqua su tutto il globo. In realtà, gli strumenti obsoleti dell’epoca diedero luogo ad una serie di illusioni ottiche.
Non meno famosa la riduzione radiofonica di Orson Welles, che decise di mettere in onda una trasmissione basata sulla guerra dei mondi, spaventando l’America.

Oggi sappiamo che Marte è un mondo brullo e disabitato, colmo di canyon, valli tortuose di aspetto fluviale, calotte polari di ghiaccio, crateri, ed è costellato da numerose formazioni vulcaniche, come il gigantesco Olympus Mons.

Marte è un pianeta di dimensioni ridotte: esso misura circa la metà del diametro della Terra, e forse un tempo, vista la levigazione delle rocce, ha ospitato enormi sistemi fluviali. Recentemente ha fatto discutere la presenza del metano come segno biologico nell’atmosfera, ancora oggetto di accesi dibattiti in ambito accademico. Solo il tempo potrà darci ulteriori risposte.

VENERE – Considerato un vero e proprio inferno a causa delle condizioni ambientali, Venere è stato sempre associato ad un mondo inospitale. Si ritiene che la temperatura superficiale di circa 450°C risulti ostile anche ai microrganismi più resistenti e inoltre, la sua densa coltre di nubi ne ha limitato enormemente le missioni spaziali.

Di esso abbiamo solo un breve scorcio di un paesaggio arido catturato dai due lander russi che raggiunsero il suolo negli anni ’80.  Quindi non c’è da meravigliarsi se la scoperta di una potenziale firma della vita nei livelli superiori dell’atmosfera, venga considerata una sorta di shock.

La molecola in questione, la fosfina, è un gas tossico altamente reattivo ed estremamente maleodorante, che si trova anche in mucchi di sterco di pinguino e nelle viscere di tassi e pesci. È presente nell’atmosfera terrestre solo in tracce, meno di poche parti per trilione, perché viene rapidamente distrutta dal processo di ossidazione; la sua presenza nella nostra atmosfera si deve ai microbi che continuano a produrla. Su Venere la sua concentrazione è di 1000 volte superiore a quella della Terra.

Tuttavia, nell’atmosfera di un pianeta come Venere essa non dovrebbe essere stabile; ed è qui che sorge la domanda più importante. Come fa ad essere presente in quelle percentuali se non vi è un rifornimento costante?

La prima serie di dati è stata acquisita nel giugno 2017 utilizzando il James Clerk Maxwell Telescope (JCMT) alle Hawaii. Indicava in modo inequivocabile la presenza di fosfina, quindi è stata registrata una seconda serie di dati, utilizzando uno strumento diverso su un telescopio diverso.
Queste osservazioni sono state effettuate nel marzo 2019, a una risoluzione spettrale più elevata, utilizzando l’Atacama Large Millimeter Array (ALMA) in Cile. I due set di dati erano quasi indistinguibili. I dubbi sulla sua reale presenza erano dissipati.

La fosfina è presente nell’atmosfera di Venere con una distribuzione irregolare alle medie latitudini, decrescente verso i poli.
Ma da dove proviene? La materia prima è il fosforo, un elemento con una chimica ben nota che è alla base di molte possibili reazioni. Il fosforo nell’atmosfera di Venere è stato misurato dalle sonde Vega (ex Unione Sovietica) e si è scoperto che si trovava come molecola ossidata P₄O₆.
Nel cercare di spiegare la presenza di fosfina, l’astronomo Jane Greaves dell’Università di Cardiff e il suo team, hanno utilizzato i dati di Vega e hanno modellato quasi 100 diverse reazioni chimiche nell’atmosfera per vedere se potevano ricrearne la presenza.

Nonostante le simulazioni a diverse prospettive (pressione, temperatura, concentrazione di reagenti), hanno riscontrato che nessuna era praticabile. Hanno anche considerato le reazioni sotto la superficie, ma Venere avrebbe dovuto avere un’attività vulcanica almeno duecento volte maggiore di quella della Terra per produrre fosfina a quelle concentrazioni. Per non farsi trovare impreparati hanno persino simulato l’arrivo del gas attraverso un meteorite, ma la quantità non avrebbe mai potuto essere così elevata. Inoltre, non ci sono prove di un grande impatto che potrebbe aver aumentato le concentrazioni di fosforo nell’atmosfera.
Il team ha anche considerato le reazioni con i fulmini o con il vento solare, ma ha scoperto che solo quantità trascurabili sarebbero state prodotte in questo modo.

Cosa resta? La presenza di vita. Significa che potrebbero esserci microbi nell’alta atmosfera che navigano attraverso le nubi in goccioline di aerosol. Gli autori, nonostante tutto, non hanno mai affermato di aver trovato la vita su Venere, ma solo eventuali segnali. Anche perché come disse Sherlock Holmes al dottor Watson: “Una volta eliminato l’impossibile, qualunque cosa rimanga, per quanto improbabile, deve essere la verità“.

L’Agenzia spaziale europea sta attualmente valutando una missione su Venere che determinerebbe la sua storia geologica e tettonica, inclusa l’osservazione di potenziali gas vulcanici. Questo darebbe un’idea migliore.

OCEANI DI EUROPA – Un nuovo modello degli scienziati della NASA sostiene la teoria secondo cui l’oceano interno di Europa sarebbe in grado di sostenere la vita. Il lavoro, che non è stato ancora sottoposto a peer review, è stato presentato per la prima volta alla conferenza virtuale di Goldschmidt e può avere implicazioni per altre lune nel Sistema Solare.

Europa è uno dei più grandi satelliti naturali del sistema solare.

Sin dai sorvoli del veicolo spaziale Voyager e Galileo, gli scienziati hanno sostenuto che la crosta superficiale galleggi su un oceano sotterraneo. Tuttavia, le origini e la composizione di questo oceano non sono chiare.

Ora, i ricercatori del Jet Propulsion Laboratory, hanno modellato i bacini geochimici all’interno di Europa utilizzando i dati della missione Galileo e hanno scoperto che i mondi oceanici  possono essere formati dal metamorfismo: in altre parole, il riscaldamento e l’aumento della pressione causati dal decadimento radioattivo precoce o dal successivo movimento delle maree del sottosuolo, causerebbero la rottura dei minerali contenenti acqua e il conseguente rilascio dalle rocce sedimentarie.

Europa rappresenta una delle migliori possibilità di trovare vita nel nostro sistema solare. I modelli portano a supporre che gli oceani presenti su altre lune possano essersi formati con processi simili. Dobbiamo comunque comprendere diversi punti, ad esempio il modo in cui i fluidi migrano attraverso l’interno roccioso di Europa.

Come spesso accade, eccezionali scoperte portano alla formulazione di ulteriori domande. L’avventura, quindi, è ad un nuovo capitolo.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it