Published On: Sab, Dic 24th, 2022

La stella di Betlemme attraverso gli occhi della scienza: cosa videro i magi?

La leggendaria “cometa” di Natale che la tradizione cristiana associa alla nascita di Cristo, ha da sempre rappresentato un punto di domanda per gli astronomi. Eppure, analizzando il Vangelo secondo Matteo che la descrive, il termine ἀστὴρ, o astér, può essere più facilmente associato ad una stella. In effetti, nel lasso temporale che va dal 7 al 4 a.C., le moderne simulazioni non hanno evidenziato la presenza di alcun astro chiomato; gli astronomi, pertanto, hanno da tempo teorizzato che la stella della natività fosse da attribuire alla triplice congiunzione del 7 a.C.

E’ DAVVERO COSI’?

Partiamo da lontano. Nei libri biblici la stella di Betlemme guidò tre Magi a Gerusalemme, circa 2000 anni fa. Essi, dopo essersi consultati con il Re Erode di Giudea, trovarono il neonato Gesù nella piccola città di Betlemme. Un evento molto suggestivo che gli scienziati hanno da sempre cercato di spiegare da una prospettiva scientifica, ma anche storica. 

La nota cometa di Halley

Sappiamo che la cometa di Halley si rese visibile nell’11 a.C. Tuttavia, mentre i Magi erano diretti a Gerusalemme e verso Betlemme, è improbabile che seguissero una cometa, perché la sua posizione nel cielo sarebbe cambiata con la rotazione terrestre. Inoltre, le comete nel mondo antico erano associate a presagi di sventure, per cui mai avrebbero potuto associarla alla natività.
Possiamo anche escludere una nova o una supernova, perché entrambi gli eventi avrebbero prodotto un residuo rilevabile ai giorni nostri. Inoltre, se i Magi avessero seguito la luce di un’esplosione stellare, probabilmente avrebbero camminato in cerchio, perché grazie al movimento apparente, questi corpi sorgono e tramontano rispetto al nostro orizzonte. E ancora, una nova è un evento raro che avrebbe suscitato l’attenzione collettiva, che in realtà non fu riportato su altri resoconti storici. Da scartare anche l’ipotesi di una nova nella galassia di Andromeda; un evento teorizzato nel 2005 da uno studio pubblicato sulla rivista The Observatory, ma che oggi sappiamo come impossibile da scorgere ad occhio nudo.

LE ULTIME POSSIBILITA’

Prima di arrenderci al fatto che non ci fu alcun fenomeno visibile o che addirittura potesse trattarsi di una trovata pro-cristianesimo, restano in ballo due teorie. La prima è che i Magi abbiano interpretato il cielo dal punto di vista astrologico. In effetti gli astronomi-indovini non erano nuovi a tali interpretazioni e dal momento che la loro provenienza era Babilonia, ciò rende plausibile l’idea.

I sacerdoti astronomi del passato

Inoltre, il fatto che essi abbiano chiesto informazioni al Re Erode per raggiungere la destinazione, suggerisce che non sarebbero stati condotti da un singolo oggetto luminoso. La visione del pianeta Giove, con la sua luce bianco avorio che scandaglia il firmamento, avrebbe potuto rappresentare una visione importante a quei tempi, dal momento che l’astrologia associava il corpo celeste alla regalità. E con la Luna che lo attraversava nella costellazione dell’Ariete il 17 Aprile del 6 a.C., si sarebbe potuto chiudere il cerchio associato alla nascita di Cristo.

La seconda possibilità è quella descritta in apertura, con una congiunzione tra uno o più corpi celesti. Un evento che sembra unire più oggetti nel cielo, avvicinandoli prospetticamente anche per più giorni e rendendo possibile una direzione specifica.

Credit: Stellarium – Elaborazione Geomagazine.it

A conferma di tale teoria ci sono numerose congiunzioni che si verificarono in quei periodi. La più accreditata sembra essere quella del 17 Aprile, tra Giove, Saturno, la Luna e il Sole nella costellazione dell’Ariete. Essa avvenne nelle prime ore del mattino, in linea con la descrizione del Vangelo che parla di stella nascente.
L’evento si rese visibile per 3 volte nel corso di quell’anno; tra le ipotesi si sostiene che alla prima congiunzione del 29 Maggio sarebbe associata la partenza dei Magi verso Betlemme; la seconda del 30 Settembre avrebbe rafforzato le loro convinzioni e la terza del 5 Dicembre si sarebbe verificata proprio all’arrivo in Giudea all’incontro con Re Erode. Una triplice congiunzione molto rara che si verifica in media ogni 180 anni e che a quei tempi, probabilmente, fu vista come un messaggio celeste.

INOLTRE…IL MOTO RETROGRADO DI GIOVE

Nei testi i Magi persero di vista la “stella” prima di vederla posare nel luogo dove giaceva Gesù bambino nella stalla e la scienza può spiegarlo attraverso il moto retrogrado di Giove, grazie al quale il pianeta sembra cambiare direzione mentre l’orbita terrestre lo supera. 

Saturno, Giove e la Luna. Credit: Stellarium

Un’altra congiunzione candidata è quella tra Giove, Venere e la stella Regolo nella costellazione del Leone del 17 Giugno 2 a.C, visibile facilmente in quei cieli privi di inquinamento luminoso (sarebbe appariscente anche ai giorni nostri). Tra l’altro, senza l’ausilio di strumenti, i due pianeti sembrarono fondersi in un unico oggetto, come un nuovo corpo celeste ancor più luminoso.
Un’altra congiunzione avvenne nel 6 a.C., tra Giove, Saturno e Marte nella costellazione dei Pesci. Ma nessuna di queste ultime due corrisponderebbe alla descrizione nel Nuovo Testamento tanto quanto la congiunzione avvenuta il 17 aprile del 6 a.C.

IL MISTERO CONTINUA?

Probabilmente si. Tranne eventuali ritrovamenti archeologici, la certezza di cosa fosse descritto (forse) non l’avremo mai. L’esclusione di diverse possibilità avvicinano alla verità, ma nella scienza e nella storia non esistono “casi chiusi” ed articoli come questo continueranno ad esistere.
Cos’abbiano descritto i Magi poco più di 2000 anni fa è quindi un mistero che continuerà a suscitare l’interesse di scienziati e storici negli anni a venire. 

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it