Published On: Dom, Mar 19th, 2023

Quali sono gli ostacoli del Ponte sullo Stretto?

Come un ritornello si torna a parlare di Ponte sullo Stretto. Già i romani si posero il problema di collegare la Sicilia al resto del Continente e loro lo fecero unendo tante barche per fare spostare degli elefanti catturati durante le guerre puniche. Successivamente furono i Borbone a metà ‘800 e si proseguì con l’Unità d’Italia in questa impresa di progettare un collegamento stabile sullo Stretto di Messina.

Le soluzioni proposte furono tantissime, ma negli ultimi due secoli non si è mai concretizzato nulla. Il sisma del 1908, uno dei più forti della storia d’Italia che causò anche un grande maremoto con 80.000 vittime, fu un elemento che raffreddò gli entusiasmi. Di certo l’importante faglia che attraversa lo Stretto fa si che le due coste si allontanino di qualche mm ogni anno e non è problema da poco. A causa di questa faglia,  ne avevamo già parlato su GeoMagazine.it, c’è l’impossibilità di una soluzione via tunnel. La geologia della Manica, al quale spesso si fa erroneamente riferimento, non è minimamente paragonabile alla nostra. Fra tutte le soluzioni quello di un ponte a campata unica sembra quella più realisticamente realizzabile. Piloni dentro le acque dello Stretto non possono essere costruiti per ovvie questioni di profondità (circa 250 m). Ovviamente per fare il progetto si è scelto il tratto più corto dello stretto e la campata sarebbe pari a 3,3 km fra Cannitello, vicino a Villa San Giovanni in Calabria, e i Laghi Ganzirri a punta Peloro sul lato di Messina. 

Del progetto ponte ne abbiamo parlato in più occasioni e abbiamo anche provato a percorrere lo Stretto con le condizioni attuali e ne abbiamo fatto un reportage.

Andiamo ora ad analizzare quali ad oggi sono le condizioni oggettivamente ostative per la realizzazione di un attraversamento stabile dello Stretto.

DIFFICOLTA’ TECNICHE

Stando al progetto definitivo, la soluzione a campata unica, è comunque non semplice perché sarebbe comunque il ponte a campata unico più lungo al mondo. Non esistono ponti con tali estensioni. Sentiamo poi anche spesso dire “Ma all’estero fanno anche cose più complesse“, ma dobbiamo rispondere che lo Stretto è una unicità al mondo e dal punto di vista tecnico non è mai stata realizzata nessuna opera simile. Nemmeno in Giappone o nel Nord Europa. Per reggere tutto questo peso e questa “sospensione” sono necessarie due notevoli torri in calcestruzzo alte quasi 400 m (382 m per la precisione). Il ponte sarà corredato di cavi d’acciaio per reggere l’impalcato. Dunque le torri terranno i cavi dove verrà appoggiato il piano di transito (doppio binario + 6 corsie stradali). Questo ponte, in gergo tecnico, viene chiamato “ponte strallato”. Queste importanti dimensioni dovranno garantire stabilità durante sismi importanti e anche con il vento. I miti dell’Odissea di Scilla e Cariddi ci possono far immaginare le condizioni dello Stretto. Il vento qui è spesso presente e sostenuto anche perché lo stretto stesso crea l'”effetto Venturi”. La sezione orografica, stringendosi, fa si che il vento aumenti la sua velocità. Dunque dal punto di vista tecnico è una vera e propria scommessa. I tecnici hanno testato i modellini in scala nelle gallerie del vento con risultati positivi, ma il collaudo definitivo si avrà solo a lavori finiti. 

Anche dal punto di vista realizzativo l’opera non è semplice per la costruzione di queste alte torri e per l’ampia profondità delle fondamenta che devono essere scavate in una geologia molto complessa come quella dell’area dello Stretto. Inoltre gli accessi andranno modificati e ingenti lavori sono previsti per km all’interno dei due lati soprattutto, sul lato siciliano. In Calabria l’ammodernamento della autostrada A3, oggi A2, aveva già previsto dei lavori propedeutici. Lato ferroviario è ancora tutto da pensare a da fare e le modifiche dei tracciati, visto che i treni non possono affrontare cambi di pendenza immediati come le rampe di accesso stradale, saranno importanti e si propagheranno all’interno per molti km. Dunque i tempi per realizzare il ponte e le opere accessorie, nel progetto del 2003 erano pari a 11 anni, oggi si legge di 7, ma saranno con molta probabilità molto più lunghi anche per la realizzazione di tutte le opere propedeutiche agli accessi soprattutto ferroviari. Per onestà intellettuale basti pensare che per pochi km di Metro a Roma sono trascorsi anche decenni. 

DIFFICOLTA’ AMBIENTALI

Forse non tutti sanno che lo Stretto di Messina è una area protetta riconosciuta a livello europeo. E tutte le opere realizzate all’interno delle aree protette denominate SIC e ZPS della Rete Natura 2000 devono essere approvate a seguito di una Valutazione di Incidenza Ambientale. Questa valutazione si preoccupa di analizzare tutti gli effetti in ogni fase del progetto sulla flora e sulla fauna. Nel 2013 la commissione del Ministero diede parere negativo. Spesso, dal punto di vista ambientale, viene però detto che il ponte sarebbe migliorativo in termini di emissioni, perché toglierebbe le navi dallo Stretto che ad oggi sono a combustione. Certo che se oggi pensiamo a navi completamente elettriche e ricaricate con rinnovabili questo beneficio in termini di emissioni verrebbe meno. Dunque con degli scenari odierni una valutazione di impatto ambientale andrebbe certamente rivista. Della soluzione di elettrificazione delle navi ne abbiamo parlato in un articolo recentemente. Ci sono strumenti però che ha in mano l’esecutivo che come nel caso dell’Aeroporto di Malpensa, ritenuta ai tempi opera strategica, possono andare in deroga a queste analisi ambientali, ma nel 2023 sarebbero certo una forzatura visti i chiari problemi ambientali che stiamo vivendo. Dunque siamo disposti a sacrificare uno dei luoghi di maggior pregio del nostro Paese per questa opera? A voi la risposta.

DIFFICOLTA’ SOCIO-ECONOMICHE

Ad oggi la stima dei costi è pari a 7 miliardi di euro, che in un opera così complessa non è difficile pensare che possa lievitare. La cifra è molto importante, ma non sarà finanziata dall’Unione Europea che non la ritiene una opera prioritaria. Di certo chi si attende che il transito sarà gratuito come l’autostrada A2 oppure a prezzo calmierato si sbaglia. Già oggi transitare nei tunnel alpini ha dei costi proibitivi, ma lo è in tutti i ponti europei importanti del Nord Europa. Non è utopia pensare che il transito possa costare oltre i 50 euro. Nonostante queste alte tariffe sembra che non sarà facile rendere l’opera profittevole e il grosso dei costi ricadrà sulla collettività. Facciamo due calcoli “della serva”. Oggi transitano all’anno circa 2 milioni di mezzi sullo Stretto. Con il costo che abbiamo ipotizzato avremmo ricavi per 100 milioni l’anno. Senza contare tasse e costi di gestione, con questi numeri, il ponte si ripagherebbe in 70 anni. Per avere i conti in ordine quale azienda finanzierebbe un progetto con un rientro così lungo? I benefici coprono davvero questa cifra ingente? Lo Stato può permetterselo in tempi di crisi economica?

Nel calcolo precedente abbiamo trascurato i costi di gestione che saranno molto ingenti per via delle notevoli manutenzioni che si dovranno fare. L’ambiente costiero con l’acqua salmastra rende l’aria molto aggressiva per i materiali in acciaio e dunque sarà importante una continua manutenzione e con costi di esercizio annuali importanti. Dal punto di vista sociale, essendo evidente la precarietà generale che affligge due regioni come la Calabria e la Sicilia, sprovviste di linee ad alta velocità, con infrastrutture fortemente obsolete e carenti, con una sanità in evidente agonia, è lecito porsi diverse domande. La popolazione locale è disposta ad accettare che i soldi vengano dirottati su questa opera a discapito di altri investimenti importanti per il Sud?

L’opera dal punto di vista meramente tecnico è sicuramente affascinante e sfidante, i record affascinano tutti, ma certo è che non si può mettere la testa sotto la sabbia trascurando quale sia il contesto. Un quadro molto delicato dal punto di vista ambientale e unico al mondo, tanto che come dicevamo vi sono state istituite diverse aree protette. Inoltre il contesto sociale è molto fragile e i benefici non sembrerebbero essere giustificati per una opera costosa e complessa. Viene davvero difficile pensare che questa opera possa spostare le regioni dell’estremo Sud dall’ultime posizioni in Europa per qualità della vita e benessere con un ponte. Qualcuno dirà che non si investe al Sud in favore del Nord e per queste ragioni che il Ponte è mai stato realizzato, ma il Sud invece potrebbe guidare la sua rinascita con progetti più ampi e strutturali.

Non possiamo poi non rimarcare il fatto che in questi anni, in attesa del fantomatico “ponte”, è stato fatto poco per migliorare la situazione degli attraversamenti. Il nostro reportage parla chiaro. Sicuramente con cifre nettamente inferiori e con tempi rapidi il miglioramento dell’attraversamento poteva essere sicuramente ottimizzato in maniera considerevole. Ovviamente se il ponte diviene uno strumento politico diventa difficile giudicare l’opera di per se che però ha oggettivi problemi di varia natura. Chi oggi è all’esecutivo, visti i tempi di realizzazione, non sarà più responsabile un domani durante la costruzione e la messa in esercizio. Di certo, senza sapere ne leggere ne scrivere, se in tutti questi anni l’opera non è mai stata realizzata le difficoltà forse ci sono davvero.

About the Author

- Ingegnere Ambientale, laureato presso il Politecnico di Torino, si è specializzato in difesa del suolo. Oggi si occupa di progettazione di impianti ad energia rinnovabile e di sviluppo sostenibile della montagna, con focus sulla mobilità elettrica. Volontario di Protezione Civile, ama la natura, ma anche i social media e la fotografia. Per compensare la formazione scientifica coltiva lo studio della storia e delle scienze politiche. * Contatti: giuseppe.cutano@geomagazine.it * * IG: @latitude_45