Published On: Mer, Gen 24th, 2024

Il James Webb Telescope scova il buco nero più antico del cosmo

Un’enigmatica scoperta cosmica sta mettendo alla prova la comprensione degli astronomi: un buco nero incredibilmente antico situato nel cuore della galassia GN-z11, a soli 400 milioni di anni dopo il Big Bang. Grazie al James Webb Space Telescope (JWST), i ricercatori hanno osservato segni di un’attività insolita: il buco nero sembra divorare la galassia stessa di cui fa parte, un fenomeno noto come nucleo galattico attivo. Nelle sue vicinanze, infatti, viene emessa una quantità di radiazione persino superiore a quella dell’intera galassia che lo ospita, rendendolo tutt’altro che dormiente. L’aspetto più enigmatico deriva però dalle sue dimensioni. Le osservazioni indicano che il corpo si trova a circa 13,4 miliardi di anni luce di distanza ed ha una massa che lo contraddistingue come supermassiccio, nonostante la galassia ospitante sia 100 volte più piccola della Via Lattea.

ANTICO E MASSICCIO: COM’E’ POSSIBILE?

Il team di astronomi, guidato dal professor Roberto Maiolino dell’Università di Cambridge, ha studiato i movimenti della materia in GN-z11 attraverso le osservazioni del JWST. La scoperta di un buco nero così massiccio in relazione alla sua età solleva molteplici interrogativi, soprattutto in relazione alla sua formazione. Il processo tradizionale di crescita di un buco nero sembra richiedere più tempo di quanto l’universo abbia avuto a disposizione in quel periodo.

L’ipotesi suggerisce che il corpo sia cresciuto rapidamente grazie al suo enorme ‘appetito’. In galassie primordiali come questa, ricche di gas, il buco nero può nutrirsi in modo accelerato, influenzando però negativamente la galassia stessa. L’avido oggetto sta impedendo la formazione stellare, creando un vento ultraveloce che spinge via il gas essenziale per la nascita delle stelle.

UNA PREZIOSA OPPORTUNITA’

Sebbene sembri destinato a una rovina autoinflitta, il suo ruolo nel processo di formazione galattica fornisce agli astronomi una preziosa opportunità di indagare sui “semi” dei primi buchi neri supermassicci nelle galassie. Queste scoperte aprono la strada a future osservazioni, consentendo agli scienziati di approfondire la comprensione di come questi enigmatici oggetti si siano formati poco dopo il Big Bang, fornendo nuovi indizi sulla storia cosmica.

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- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it