Published On: Lun, Set 25th, 2023

Alla ricerca di esocontinenti nell’universo

La presenza di elementi radioattivi nel nucleo terrestre, dovuta alle esplosioni di supernove e alla presenza nelle stelle di neutroni, genera del calore che impedisce al mantello di solidificarsi e bloccare il movimento delle terre emerse. Tale movimento, noto come tettonica delle placche, è a sua volta molto utile per moderare la temperatura interna, che se non fuoriuscisse dal nucleo e diventasse troppo elevata, andrebbe ad inibire la magnetosfera terrestre.
Quando apparve per la prima volta la vita sul nostro pianeta, la tettonica delle placche non era molto attiva. Ciò dimostra che essa non è fondamentale per il suo sviluppo, ma lo è per la sua persistenza ed evoluzione in creature più complesse.
Jane Greaves, prof. di astronomia presso la Scuola di Fisica e Astronomia dell’Università di Cardiff, ha svolto una nuova ricerca sulla formazione dei primi esocontinenti. Uno sforzo che mira a rendere più efficace la ricerca di mondi abitabili e restringere il campo agli esopianeti che abbiano tali caratteristiche. Il motivo è semplice: i pianeti con continenti possono supportare più biomassa per periodi di tempo più lunghi rispetto ai pianeti che ne sono privi.

COME RINTRACCIARLI

Credit: NASA/JPL Caltech

La scienziata fa riferimento a quel calore di cui abbiamo scritto in apertura. Gli elementi radioattivi, come dicevano, producono calore nel corso del decadimento che avviene in tempi geologici, e individuarlo in altri mondi significherebbe avere una probabilità di tettonica delle placche. Un ruolo fondamentale lo svolge il legame tra le stelle e i pianeti che si formano attorno ad esse. I pianeti si formano dalla nebulosa solare, lo stesso materiale da cui si forma una stella. Quindi l’abbondanza di diversi elementi chimici in una stella si riflette nei pianeti che si formano attorno ad essa.
Grazie a studi precedenti, poi combinati con l’età delle stelle svelata dalla missione Gaia, Greaves ha esaminato due popolazioni separate: le stelle del disco sottile e quelle del disco spesso. Le prime sono tipicamente più giovani e hanno una maggiore metallicità, le seconde sono più vecchie e povere di metalli. I suoi risultati mostrano che l’aspetto dei continenti sulla Terra rappresenta il valore medio.

2-5 MILIARDI DI ANNI PRIMA DELLA TERRA

La tettonica a placche della Terra ha avuto inizio circa 3 miliardi di anni fa, ovvero circa 9,5 miliardi di anni dall’inizio dell’universo. Nel campione di Greaves, i primi continenti apparvero 2 miliardi di anni prima della Terra su stelle del disco sottile. Le stelle del disco spesso nel suo lavoro hanno prodotto pianeti rocciosi con continenti apparsi anche prima: circa 4-5 miliardi di anni prima della Terra.

Raffigurazione di un esopianeta

Ha anche scoperto che sulla maggior parte di questi mondi i continenti si formano più lentamente e che le stelle con una metallicità inferiore a quella del Sole potrebbero non essere ideali per la ricerca. Nel suo campione, i sistemi con metallicità sub-solare invece avrebbero formato continenti più rapidamente della Terra, quindi è più probabile che vi sia vita evoluta. Forse anche più avanzata di noi.
Mancano anni al lancio dell’Habitable Worlds Observatory e c’è tempo perché la comunità scientifica definisca i propri criteri di ricerca e quali siano gli obiettivi migliori.

IL FUTURO

Il prossimo passo sarà studiare le abbondanze degli isotopi di torio e potassio che causano il riscaldamento radiogenico. Alcuni elementi sono geofisicamente critici, specialmente quelli radiogenici che producono calore come U, Th e K. Quando si aggiunge Fe, questo gruppo di elementi è fondamentale per le dimensioni del nucleo di un pianeta, la gravità e la sua temperatura interna.

Raffigurazione di un possibile scenario su un esopianeta

La temperatura interna di un pianeta è quindi fondamentale, non solo perché governa la magnetosfera che sostiene la vita, ma anche perché aiuta a creare le condizioni per la tettonica delle placche e i continenti.

Abbiamo ancora molto da imparare sugli esopianeti, sull’abitabilità, sul riscaldamento radiogenico, sui continenti, sulla tettonica delle placche e su centinaia di altre cose.
Non possiamo dire con certezza dove troveremo la vita o in quali ambienti geofisici. Tutto quello che possiamo fare è prendere nota, continuare a costruire telescopi più potenti ed essere pazienti.

La nuova ricerca è stata pubblicata su Research Notes dell’AAS.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it