Published On: Gio, Ott 19th, 2023

Ecosistemi segreti: alla scoperta del fiume Ruki, il ‘Tè della Giungla’

Quando i ricercatori si sono avvicinati al fiume Ruki, un affluente del possente fiume Congo, sono stati accolti da una vista sorprendente. Le acque di questo fiume erano così incredibilmente scure che praticamente non potevi vedere oltre un palmo dal viso. Questo fenomeno ha suscitato grande meraviglia tra gli scienziati. Travis Drake, un membro del team di ricerca dell’ETH di Zurigo che ha recentemente pubblicato uno studio sulla rivista Limnology and Oceanography, ha espresso il suo stupore riguardo al colore del fiume. I confronti con altri grandi fiumi tropicali hanno portato alla conclusione che il Ruki potrebbe essere il fiume dalle acque più scure del pianeta, superando persino il famoso Rio Negro dell’Amazzonia in termini di oscurità.

PERCHE’ IL RUKI E’ COSI’ SCURO?

La ragione di questa oscurità sta nella grande quantità di materiale organico disciolto presente nell’acqua, praticamente privo di sedimenti, dovuto alla bassa pendenza del corso d’acqua. Questo materiale organico di origine vegetale è trasportato nel fiume principalmente a causa delle piogge, le quali lavano i composti organici dalla vegetazione morta della giungla in decomposizione. Durante la stagione delle piogge, il fiume inonda la foresta circostante, determinando un livello profondo fino alla cintola, grazie al quale le sostanze organiche si liberano nell’acqua.

Tuttavia, le peculiarità del Ruki non si limitano solo all’aspetto delle sue acque. Questo fiume, che scorre largo un chilometro e si immette nel Congo, è straordinario per molti aspetti. Il suo bacino idrografico, quattro volte più grande della Svizzera, ospita una foresta pluviale primaria intatta. Lungo le rive del fiume si trovano vaste torbiere che contengono grandi quantità di materiale vegetale in decomposizione, un importante serbatoio di carbonio.

Nonostante la sua unicità e la vasta estensione, il Ruki non era mai stato oggetto di studio scientifico prima d’ora. Anche se da tempo erano noti i cambiamenti stagionali del livello dell’acqua del fiume, fin dagli anni ’30, non esistevano dati sulla sua composizione chimica. Nessuno aveva mai determinato la quantità di carbonio organico disciolto (DOC) presente nell’acqua e la sua provenienza.

I RILEVAMENTI

Nel 2019, Drake e i suoi colleghi hanno installato una stazione di misurazione vicino a Mbandaka, poco prima della confluenza tra il Ruki e il Congo, e hanno condotto misurazioni periodiche del flusso d’acqua e dei livelli dell’acqua per un intero anno al fine di calcolare il deflusso annuale.

I campioni d’acqua raccolti in queste misurazioni sono stati inviati al laboratorio dell’ETH di Zurigo per essere analizzati. Lì, i ricercatori hanno determinato il contenuto di DOC nei campioni e l’età del materiale organico basandosi sul carbonio radioattivo. L’obiettivo era comprendere se le torbiere lungo il fiume rilasciassero carbonio nell’acqua, in particolare sotto forma di CO2. Gli scienziati hanno scelto di studiare l’acqua poiché essa contiene tracce di carbonio provenienti da un’ampia area di drenaggio, fornendo quindi informazioni sull’origine e l’uso del territorio circostante.

Le analisi effettuate hanno confermato l’impressione visiva: il Ruki è uno dei fiumi con la più elevata concentrazione di DOC al mondo, con quattro volte più composti di carbonio organico rispetto al Congo e 1,5 volte di più rispetto al Rio Negro in Amazzonia. Questi composti organici, in genere sotto forma di acidi organici, aumentano l’acidità dell’acqua del fiume, promuovendo il rilascio di anidride carbonica (CO2) poiché gli acidi dissolvono i carbonati presenti nell’acqua. Nonostante ciò, le emissioni di CO2 dal Ruki non sono significativamente diverse da quelle di altri fiumi tropicali, in quanto il flusso lento e tranquillo rende più difficile il rilascio dell’aria del diossido di carbonio nell’atmosfera. Drake ha sottolineato che in un fiume più turbolento si osserverebbero emissioni più elevate.

MA NON E’ TUTTO…

Un’altra scoperta importante è emersa dall’analisi degli isotopi del carbonio: la maggior parte del carbonio nell’acqua del Ruki proviene dalla vegetazione forestale, non dalle torbiere. Solo durante un breve periodo alla fine della stagione delle piogge, tra marzo e aprile, dopo il picco delle inondazioni, i ricercatori hanno rilevato tracce di rilascio di carbonio da parte delle torbiere. Non è ancora chiaro come e perché questo avvenga in quel momento specifico. Tuttavia, Drake ha rassicurato che attualmente non c’è alcun rischio di rilascio di materiale organico, poiché queste sono sommerse quasi tutto l’anno e l’ossigeno non è presente. Tuttavia, c’è una preoccupazione riguardo ai possibili cambiamenti nell’uso del territorio, come la deforestazione, che potrebbero alterare il regime fluviale, portando alla secchezza delle torbiere e alla decomposizione da parte dei batteri, con la conseguente emissione di grandi quantità di CO2. Le torbiere del bacino del Ruki, che contengono circa 29 miliardi di tonnellate di carbonio, svolgono un ruolo cruciale nella cattura di carbonio e nel mantenimento dell’equilibrio climatico.

Questo studio è parte di un progetto di ricerca in corso da lungo tempo guidato da Johan Six e dal suo gruppo, che studiano il ciclo del carbonio nel bacino del Congo dal 2008. Il Congo è uno dei sistemi fluviali tropicali più significativi del pianeta e trasporta ingenti quantità di carbonio nel mare.

About the Author

- Giornalista scientifico, iscritto all'ordine nazionale dal 2013, si occupa di cronaca scientifica dal 2011, anno di inizio del praticantato. Dal 2007 al 2014 ha condotto degli studi mesoclimatici sui raffreddamenti radiativi delle doline di origine carsica e sull’esondazione del cold air pool. Contatti: renato.sansone@geomagazine.it